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Argomento presente: « Per non dimenticare Godot... »
ID: 5333  Discussione: Per non dimenticare Godot...

Autore: Francesca Mari  - Email: stelle_di_stelle@hotmail.com  - Scritto o aggiornato: martedì 19 dicembre 2006 Ore: 11:26

Riporto qui di seguito il mio servizio sulla rassegna di Antonio Borriello a Villa Macrina :OMAGGIO A SAMUEL BECKETT.


Beckett a Villa Macrina: un sorriso amaro sul “teatro dell’assurdo”.

di Francesca Mari

Salvo limitazioni di spazi e di estimatori attenti, checchè se ne dica, la rassegna “Omaggio a Samuel Beckett”, tenutasi a Villa Macrina dal 16 novembre al 7 dicembre, ha lasciato dietro di sé una scia di “profumo” in questa, troppo spesso, maleodorante città. Padrone di casa d’eccezione, il prof. Antonio Borriello, studioso e interprete del drammaturgo, che ha saputo, con fatica e stile, onorare il centenario della nascita del poliedrico dubliner del secolo scorso scegliendo, come dimora, la rediviva (e ancora poco rispettata) Villa Settecentesca. Tra queste storiche mura si è svolta per circa tre settimane, l’affascinante celebrazione rappresentata da una preziosa Mostra, frutto della fatica pluridecennale di Borriello, e, da varie tappe di rappresentazione teatrale di drammi di Beckett, eseguite dal professore Borriello assieme ai suoi giovani allievi, e razionate nei tre giovedì del percorso (in ordine di rappresentazione: “Va e vieni”, “Dondolo”; “Non io”, “Cosa dove”, “Testi per nulla”, con gli allievi del Laboratorio Teatrale dell’ISIS "Pitagora" di Torre Annunziata; “L’improvviso dell’Ohio”, con Antonio Borriello e Raffaele Ausiello, regia, scene e costumi Antonio Borriello). Il tutto corredato da videoproiezioni e “lezioni” di Borriello, il quale non ha mai bloccato la sua passione, a costo di inarrestabile attivismo fisico e intellettuale, improvvisando visite guidate alla Mostra e chiarimenti a tutti i visitatori, compresi gli studenti giunti fin da Roma e Bologna che premono affinché lo studioso nostrano possa indirizzarli nella stesura delle proprie tesi di laurea. In effetti, la “Mostra” messa in piedi da Borriello è un vero archivio prezioso per i ricercatori che si apprestano a studiare “l’artista del paradosso”, particolarmente amato dai giovani perché, come ci ha detto Antonio Borriello “è stato un grande artista ma, soprattutto, un uomo umile, fuori da ogni steccato sia politico che sociale… perciò universale”. E dei punti salienti della produzione di questo grand’uomo, Borriello ha creato con la Mostra un percorso multimediale con l’esposizione, in ordine cronologico, dal 1953 ad oggi, di documenti testuali (preziosamente firmati da Dario Fo, Edoardo Sanguineti, Vittorio Gasmann, Salvatore Quasimodo piuttosto che da Ennio Flaiano, Carlo Bo, Ugo Piscopo) e fotografici (con i penetranti “scatti d’autore” di Vincenzo Aliberti, Rosario Pomposo e Augusto Trombetta). Di grande impatto scenico la collocazione, nel soffitto della prima sala, di due “bombette” appese a dei fili, che tendono verso l’alto, simulando le bombette di Estragone e Vladimiro di Aspettando Godot, come monito di una più sublime apertura mentale dell’uomo. Inoltre, molto suggestiva anche la simulazione, realizzata da Borriello, di “L’ultimo nastro di Krapp”, che rappresenta il valore che Becket ha dato alle registrazioni alla fine della sua vita ed è reso con un fantoccio di cartone davanti ad un banco su cui vi sono un registratore e tante cassettine. Buono, comunque, il bilancio della rassegna e totalmente soddisfatto Borriello, il quale, dopo l’ultima messinscena teatrale, “L’improvviso dell’Ohio” ha detto: “La rappresentazione ha creato un’aura magica e, ciò che mi ha gratificato è stata l’attenzione mostrata dagli astanti che mi hanno riempito di domande sul senso dell’opera”. Domenica sera, invece, dopo la chiusura della mostra, queste le sue parole conclusive: “Mi ha rincuorato la presenza di tanti giovani, tra studenti e fruitori. E segno di “voglia di fare” e intelligenza dei nostri ragazzi”.



Beckett-Borriello: hanno detto di loro:
“Questa mostra, questo omaggio del nostro Antonio Borriello a Samuel Beckett nel centenario della nascita, è un evento eccezionale; ed io mi sento in difficoltà: è difficile per me esprimere l’ammirazione e la commozione sconfinate di fronte all’opera eccelsa di Antonio Borriello, studioso, attore, regista, docente, educatore… Esperto di spicco in campo internazionale dell’opera dell’insigne drammaturgo, si deve riconoscere fra l’altro il merito di avere evidenziato il rapporto Beckett – Dante ad un livello davvero straordinario di profondità. Un altro accostamento viene però in mente con spontaneità ed è quello di Leopardi a Beckett, in quanto affiorano alla memoria i versi del tormentato canto leopardiano A se stesso ed in particolare l’ultimo, che dichiara “l’infinita vanità del tutto” e richiama in tal modo la formula del cosiddetto pessimismo cosmico, spingendo a chiedere agli studenti se siano d’accordo nell’accomunare Beckett a Leopardi in questa prospettiva di totale desolazione; ebbene, il nostro educatore ci suggerisce il senso della diversità di Beckett rispetto a Leopardi, impressa sulla copertina dell’invito in quella effigie tutta rughe, rughe dell’infinito che ci attirano e riscattano il nulla. Ed è per ogni io come iniziare una ricerca di luce lungo la via tracciata da Samuel e additata da Antonio, fino a udire da chi ci ama: “Ė bello vedere te e il sole”. (Biagio Scognamiglio, Ispettore Ministero della Pubblica Istruzione, Dicembre 2006)
“Il ricordo di Samuel Beckett (Nobel per la Letteratura, 1969) nel centenario della nascita, attraverso un viaggio […] di straordinario interesse culturale, scientifico ed artistico: un evento da vedere, leggere ed ascoltare che scaturisce dall’amore di Antonio Borriello per la produzione letteraria e drammaturgia, nonché da un robusto lavoro di studio e di acquisizione di prezioso materiale bibliografico “sull’umile grande genio del Novecento”. (Ennio Blasco. Prefetto- Commissario straordinario comune di Torre del Greco. Novembre 2006).
Francesca Mari



 
 

ID: 5338  Intervento da: Francesca Mari  - Email: stelle_di_stelle@hotmail.com  - Data: martedì 19 dicembre 2006 Ore: 11:26

GRAZIE CLAUDIO LOLLI... NON DICO ALTRO!
Francesca


ID: 5337  Intervento da: la redazione  - Email: info@torreomnia.it  - Data: martedì 19 dicembre 2006 Ore: 00:04

I LINK CORRELATI IN TORREOMNIA:

www.torreomnia.it/Attori/borriello/index.html

www.torreomnia.it/Attori/borriello/set_fra_borriello.htm

www.torreomnia.it/Attori/borriello/set_fra_borriello.htm

La redazione


ID: 5335  Intervento da: la redazione  - Email: info@torreomnia.it  - Data: lunedì 18 dicembre 2006 Ore: 23:45

Un Beckett napoletano

Luca De Filippo
Gianfelice Imparato
Mario Scarpetta

Dopo Cerami, Coline Serrau e Pinter, una nuova tappa del percorso di Luca De Filippo nella drammaturgia del '900. Un classico del teatro dell'assurdo filtrato attraverso la comicità surreale e stralunata della grande tradizione napoletana.
Non a caso Luca ha scelto di intraprendere questa avventura con Gianfelice Imparato e Mario Scarpetta che condividono con lui questo umorismo lunare ed ironico, contaminato dalla clownerie, dal varietà, dal circo, questo teatro che usa forme popolari per un discorso divertente e allo stesso tempo "alto".

"Aspettando Godot è una commedia, e una riuscitissima commedia, per giunta.
Sul piano del divertimento si tratta di un vero gioiello, magistralmente congegnato, che sfrutta a fondo tutte le risorse e le combinazioni di questo "genere" teatrale, dal qui pro quo al doppio senso, dal gag farsesco alla parolaccia di gergo, una commedia esemplare, limite, costruita interamente attorno all'assenza del personaggio.

Per intendere la linea strutturale di Godot occorre immaginare per esempio un Edipo in cui Edipo, annunciato, atteso, invocato, non arrivi mai. I fatti sono questi: due mendicanti, Vladimiro ed Estragone, aspettano in aperta campagna un certo Godot, dal quale sperano ottenere una vaga sistemazione. I due non solo non hanno mai visto Godot, ma non sono sicuri né del luogo né del giorno dell'appuntamento. Dopo una lunga attesa arriva Pozzo, che porta al guinzaglio il suo servitore Lucky. Pozzo s'intrattiene per qualche tempo coi due mendicanti e riparte. L'attesa continua fino all'arrivo di un ragazzo con un messaggio di Godot: Godot non verrà più stasera, ma certamente domani.

Si è parlato a proposito di Godot di Chaplin: non solo per certe coincidenze esteriori che colpiscono (le bombette di Vladimiro ed Estragone, le scarpacce vecchie, le pantomime, le mossette ecc.), ma soprattutto per quella che si potrebbe definire un'affinità di metodo: Charlot è sempre sfasato rispetto alla realtà che lo circonda. Il traguardo di Beckett è, a differenza di Chaplin, metafisico, ma l'urto comico è lo stesso.
Va da sé che un procedimento del genere farebbe di Aspettando Godot una semplice farsa se Vladimiro ed Estragone non avessero personalità e umanità da vendere. Il loro candore, le loro incongruenze, l'evidente inutilità della loro attesa, il loro aplomb perfetto, cui segue un panico ingiustificato o un febbrile entusiasmo, il curioso rapporto, da vecchie zitelle, che li lega, misto di affetto, di insofferenza, di abitudine, le loro smanie e i loro rimpianti, tutto concorre a renderceli non solo vivi e simpatici, ma comprensibili di primo acchito. Sicché anche lo spettatore più guardingo non ha difficoltà ad accettarli. Ciò che ha permesso a Beckett di raggiungere un pubblico più vasto è che "Aspettando Godot" fa spesso ridere. Non ridere verde, e nemmeno ridere per mostrare che si è capito, ma ridere di cuore, conquistati, liberamente."


(Brani tratti dalla prefazione di Carlo Fruttero alla sua traduzione di Aspettando Godot - Edizione Einaudi)


Aspettando Godot

Vivo tutti i miei giorni aspettando Godot, dormo tutte le notti aspettando Godot.
Ho passato la vita ad aspettare Godot.
Nacqui un giorno di marzo o d'aprile non so, mia madre che mi allatta è un ricordo che ho, ma credo che già in quel giorno però invece di poppare io aspettassi Godot.
Nei prati verdi della mia infanzia, nei luoghi azzurri di cieli e acquiloni, nei giorni sereni che non rivedrò io stavo già aspettando Godot.
L'adolescenza mi strappò di là, e mi portò ad un tavolo grigio, dove fra tanti libri però, invece di leggere aspettavo Godot.
Giorni e giorni a quei tavolini, gli amici e le donne vedevo vicini, io mi mangiavo le mani però, non mi muovevo e aspettavo Godot.
Ma se i sensi comandano l'uomo obbedisce, così sposai la prima che incontrai, ma anche la notte di nozze però, non feci nulla aspettando Godot.
Poi lei mi costrinse ed un figlio arrivò, piccolo e tondo urlava ogni sera, ma invece di farlo giocare un po', io uscivo fuori ad aspettare Godot.
E dopo questo un altro arrivò, e dopo il secondo un altro però, per esser del tutto sincero dirò, che avrei preferito arrivasse Godot.
Sono invecchiato aspettando Godot, ho sepolto mio padre aspettando Godot, ho cresciuto i miei figli aspettando Godot.
Sono andato in pensione dieci anni fa, ed ho perso la moglie acquistando in età, i miei figli son grandi e lontani però, io sto ancora aspettando Godot.
Questa sera sono un vecchio di settantanni, solo e malato in mezzo a una strada, dopo tanta vita più pazienza non ho, non posso più aspettare Godot.
Ma questa strada mi porta fortuna, c'è un pozzo laggiù che specchia la luna, è buio profondo e mi ci butterò, senza aspettare che arrivi Godot.
In pochi passi ci sono davanti, ho il viso sudato e le mani tremanti, e la prima volta che sto per agire, senza aspettare che arrivi Godot.
Ma l'abitudine di tutta una vita, ha fatto si che ancora una volta, per un momento io mi sia girato, a veder se per caso Godot era arrivato.
La morte mi ha preso le mani e la vita, l'oblio mi ha coperto di luce infinita, e ho capito che non si può, coprirsi le spalle aspettando Godot.
Non ho mai agito aspettando Godot, per tutti i miei giorni aspettando Godot, e ho incominciato a vivere forte, proprio andando incontro alla morte, ho incominciato a vivere forte, proprio andando incontro alla morte.

Claudio Lolli



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