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Argomento presente: « EPISTOLARIO D’AMORE »
ID: 5328  Discussione: EPISTOLARIO D’AMORE

Autore: Penza Francesco  - Email: francopenza@interfree.it  - Scritto o aggiornato: lunedì 18 dicembre 2006 Ore: 14:43

EPISTOLARIO D’AMORE di Enrico Penza

Ringrazio per la discussione, che è nata leggendo l’Epistolario d’Enrico del ’67-68. Subito va detto che siamo negli anni settanta, dopo guerra appena superato, disoccupazione altissima. Noi figli del disastro bellico, fortunatamente trovammo negli statisti dell’epoca gente capace di ricostruire l’Italia, ma non di ricostruire noi, che avevamo subito un’educazione elementare sbagliata dai nostri genitori, che a loro volta avevano subito un’educazione sbagliata secolare. Che cosa eravamo noi? Il frutto di pregiudizi e di dominazioni, che si erano susseguite per millenni. La libertà restava un sogno da conquistare.
Enrico Penza non svolse studi regolari, anzi è l’uomo che ha meno frequentato la scuola, appena poche classi dell’elementari, e conseguito poi i titoli da privatista, perché ha svolto mille attività per sopravvivere sin dalla tenera età. Lo chiamiamo “o miedeco”, perché giù al monastero degli Zoccolanti guariva gli animaletti che si azzoppavano finendo sotto le auto sulla discesa di Madonna del principio. E poi perché si laureò in Medicina.
Il matrimonio gli impose una regolata, nacquero tre figli, che non sono riusciti ad inserirsi ancora bene, a volte incontrando brave ragazze, a volte meno brave, ma questa è la vita. Oggi le due nipotine Teresa e Enrichetta sono le pupille dei suoi occhi.
Se ha trovato lungo la strada il muro da superare? Tanti e li ha superati con difficoltà, con i dispiaceri, le malattie, il sacrificio.
Una disamina di questa vita è difficile molto. Non possiamo scomodare né Freud, ne’altri. Eravamo segnati già dalla nascita perché i nostri genitori aspiravano solo a poter vivere di onestà e di solidarietà e insegnavano a noi con ceffoni che quella era la via perfetta. A non seguirli erano guai. La predestinazione s’imponeva. Dopo 50 anni di esistenza, il mondo è totalmente cambiato grazie ad una tecnologia spaventosa, che ha però rovinato il pianeta inquinandolo moralmente e fisicamente, condizionandoci.
In quell’epoca il matrimonio tra poveri mi dava tanta malinconia. Appena quattro sedie, un tavolo, un letto con assi e materasso con fieno. Il piatto caldo se c’era. La confusione tra amore e sesso, non è di oggi, è di sempre. Qualcuno parlava di compensazione, ma cosa c’era da compensare? Miseria, fame, disperazione? Senza presunzione eravamo degli eroi e non lo sapevamo. Oggi l’uomo è un robot, che calcola ogni sua mossa: tu hai l’appartamento, io il conto in banca, la dote.
Tu hai un bel corpo da offrire ed io un’auto fiammante. Possiamo sposarci. Il matrimonio dura poco, una volta durava mezzo secolo. I politici erano politici, oggi i politici sono attori dilettanti, mentre gli attori definitivamente sono scomparsi. I prodotti del cinema e della televisione sono scadenti proprio perché manca la preparazione. Di chi è la colpa? Una volta forse era troppa la selezione da subire, oggi la massificazione annulla il singolo.
La globalizzazione è un fallimento, perché la differenza tra ricchi e poveri è aumentata e allontana sempre di più la gente dalla politica. Occorrerebbe rivoluzionare nuovamente il mondo. Ma questo spetta ai giovani, che hanno un futuro da rispettare e da migliorare.

Saluti Dott. Franco Penza

 
 

ID: 5332  Intervento da: Francesca Mari  - Email: stelle_di_stelle@hotmail.com  - Data: lunedì 18 dicembre 2006 Ore: 14:43

Sono completamente d'accordo, dott. Penza, e non solo a parole...
Non c'è molto più da aggiungere a quello che ha scritto Lei, ci sarebbe da agire ma, mentre cerco di farlo con tutto il fervore che mi viene da dentro, nel mio piccolo,mi chiedo: anche dieci-venti... 50 persone che la pensano così, come possono riuscire con tutta la loro forza possibile (fisica e intellettiva) ad abbattere il grande muro dell'imbambolamento della massa?
Si sa, il sistema va così perchè la massa è stata così educata e i "bambolotti" (per usare un eufemismo) che parlano dai pulpiti... di ogni tipo... hanno il lavoro facile, in ogni settore. Ma che si potrebbe fare? Incominciare piano piano, solo per amore e con la speranza di qualche lieve cambiamento, forse, per i nostri figli e un po' più certamente per i nostri nipoti?
Si, anche per questo io sono disposta a farlo ma... dov'è chi mi tiene per mano? Dov'è chi mi cammina accanto? Dov'è...?
DOVE SIETE? YUHUHU,


Particella di Sodio




ID: 5329  Intervento da: Penza Francesco  - Email: francopenza@interfree.it  - Data: lunedì 18 dicembre 2006 Ore: 10:09

ECOLOGIA DELL’ARTE di Franco Penza

Il termine ecologia, introdotto dallo zoologo E.H.Haeckel nel 1866, studia le relazioni degli organismi con il mondo circostante. Si parla si ecologia spaziale umana, di ecosistema, di dominanza ecologica e delle sue regole. L’ecologia è un sistema di idee, di opinioni a tutela dell’ambiente (acqua, terra, aria) insidiato dall’avvelenamento chimico-industriale. Poiché la tecnologia e l’industria preparano prodotti che l’uomo deve comprare e consumare, il degrado ambientale è la conseguenza delle scelte che precedono progettazioni, fabbricazioni e comportamenti: quindi l’inquinamento è mentale, perché viene deliberato in prima istanza.
L’uomo ha dichiarato guerra alla natura: desertificazioni, deforestazioni, avvelenamento nelle grandi città trasformate in camere a gas, segni che lasciano indifferente l’uomo. L’uomo si distrae continuando a prestare cura al funzionamento delle macchinette e si diletta di valori estetici. In genere si parla di dell’inquinamento dei fiumi, dell’atmosfera, della fascia di ozono, dei terreni e delle colture agricole infestate da pesticidi e prodotti tossici. La violenza e i reati contro la natura sono più gravi di quelli commessi contro le persone e contro i patrimoni, perché i primi incidono sull’universale e i secondi sul privato e sui singoli individui.
Il campo di attività dell’immaginario è l’arte, si sorregge sull’invenzione visiva e tattile di forme e oggetti nati dalla fantasia dell’artista e destinati allo spettatore. Anche l’immaginario va soggetto a corruzione e degrado. Alcuni concetti morali di semplice comprensione non possono essere ignorati e l’arte non può essere corruzione. L’arte non può scambiare la libertà. Di cui gode con il sopruso, con il disprezzo per l’uomo e per le sue attività e con indifferenza verso la sfera del costume e della vita sociale. L’arte è un alibi. Politici, intellettuali, trafficanti, lavoratori, industriali, preti, sociologi e giornalisti si interessano ai problemi propri dell’ambiente, si interessano anche i responsabili del degrado, ma i musei e gli artisti no. Gli artisti tendono a evitare ogni coinvolgimento socio-politico e nessuno pare essere sfiorato da un sentimento ecologico. Per artisti in vista, unica preoccupazione sembra di sorvegliare le quotazioni.
Negli ultimi decenni le manifestazioni hanno messo in evidenza un inquinamento dell’immaginario. L’arte si è compiaciuta della società dei consumi, attraverso mostre di residuati tecnologici e industriali: installazione di pietre. Blocchi di cemento, putrelle di ferro, luci al neon, scritte prive di concetto, congegni elettronici, proiezioni, monitor, lavagne didattiche, incomprensibili, alberi, falli, voyeurismo, feticismo, seggiole, slitte di grasso rancido.
Le esibizioni si giustificano alla luce di un estetismo totalizzante che ha asservito la fantasia al concetto, preconizzato da Walter Benjamin, dell’arte per l’arte. L’arte appartiene all’arte, non all’uomo, non al poeta, bensì al direttore del museo, al curatore della mostra e alle strutture del potere artistico. L’arte non può essere una struttura burocratica.
Nell’ottobre 1988 il Whitney Museum of American Art di New York organizza una mostra del fotografo Robert Mapplethorpe, intimo di Warhol. La mostra esibisce genitali sul tavolo, glutei divaricati, membri penduli, lingue, negri, omosessuali, una vecchia con un pene di gomma sotto braccio. Marry che lecca Veronica, sadomasochismo e Maplethorpe, in un autoritratto di spalle ha una frusta nello sfintere. Che scende fino a terra, come un serpente e guarda di profilo, volgendosi di profilo all’amatore d’arte.
Mancano crocifissi fotografati dentro un pitale; scene di fist fucking, cioè di penetrazione anale con un pugno La mostra provoca lo sdegno del Fondo Nazionale per l’arte, che elargisce sovvenzioni ed è cancellata. La censura al Washington alla mostra provoca lo sdegno di Richard Serra (scultore) il quale in occasione di una mostra nel settembre 1989 nella galleria di Leo Castelli al 578 di Broadway promulga un proclama contro ogni censura e contro l’adorazione della bandiera americana, che dipinta da Jasper Hohns vale sul mercato artistico decine di miliardi.
La libertà di espressione o di degrado mentale è la perversione dell’immaginario. Nelle aree del fantastico e dell’immaginario risiede la salvaguardia degli equilibri mentali e fisici e quindi il benessere. Le aree capaci di attutire o assorbire pulsioni e frustrazioni autodistruttive sollecitano a immaginare liberamente, sottraendoci ai condizionamenti e al bombardamento dell’informazione. Molti credono di trovare un rifugio nella droga; oppure nell’aggressività o nello spirito di massa. Si creano così i simboli, i miti gli eroi del gregge in cui l’uomo tende a intrupparsi. Nella massa il singolo si identifica coi capi, coi comportamenti e con le uniformi collettive; ove l’uniforme è la divisa militare, la Coca Cola, i jeans e le Timberland.

Dott. Franco Penza


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