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Argomento presente: « Ultime da Franco Penza »
ID: 5027  Discussione: Ultime da Franco Penza

Autore: Penza Francesco  - Email: francopenza@interfree.it  - Scritto o aggiornato: martedì 14 novembre 2006 Ore: 13:46

IL TORRESE CIRO ORSINO ALLA GALLERIA AURIEMMA

Il pittore Ciro Orsino espone alla Galleria d’Arte Auriemma al Corso Umberto di Torre Annunziata.

A Torre del Greco un gelido mattino di gennaio del 1940 viene al mondo il nostro pittore. E ad appena quattro anni è già orfano. Rinchiuso nell’Istituto Bartolo Longo di Pompei, vi resta sino a diciotto anni. Non conosce la carezza materna e ciò gli crea un vuoto affettivo incolmabile. A diciannove anni si sposa precocemente e sbarca il lunario vivendo alla giornata, finché presso l’Istituto Cristo di re Portici trova un po’ di pace. Ma che cosa può colmare il vuoto interiore? Ecco la pittura, porto chimerico da raggiungere. Le carenze tecniche vengono alla luce nella loro interezza. Ma egli, caparbio come non mai insiste. Ha dei contatti con buoni artisti, che gli consigliano dei testi dai quali emerge chiaro e lampante che la sua espressione anno 1970 è una pessima rielaborazione dell’Impressionismo anno 1874.
Come è suo costume, mette una pietra sul suo insignificante passato artistico e va avanti senza guardare i suoi conterranei arenati alla Scuola di Posillipo. Giotto, Masaccio, Michelangelo, Caravaggio, Correggio, Renoir, Cezanne, Picasso, Braque, Klee, De Chirico, Moranti gli passano davanti in una stanza di fantasmi ammonitori. Ecco Pollock. Il pittore americano trova nel suo io la giusta collocazione in simbiotica comunicazione, anche se con bagagli culturali inavvicinabili.
Quindi, dal campo figurativo all’informale, naturalmente dopo meditazione profonda. L’analisi degli avvenimenti del passato riporta il nostro pittore nel suo tempo. E non poteva vivere pittoricamente in un’epoca che non gli appartiene. Purtroppo questo discorso vale per tantissimi sedicenti artisti, che non riescono a rendersi conto dell’abisso sostanziale esistente tra l’idea dell’Ottocento e l’Esistenzialismo d’oggi.
Il nostro pittore vive una dimensione propria, fatta di gigantismo e infantilismo. Questa incoerenza, scusabile peraltro per l’infanzia tormentata vissuta, culmina in un potenziale, che trova l’apice nella pittura d’azione. Non più dato elaborato, ma azione istintiva e medium occasionale.

Non so se il 20 aprile del 1973 riuscii ad esprimermi chiaramente, ma si intuisce la dura realtà di tanti pittori che non saranno mai artisti. In questi giorni ho letto la vita del pittore Schiele, che visse meno di trenta anni. Non c’è paragone tra l’opera del viennese, che fu un espressionista di valore tra i suoi deliri e i suoi stupri e che riuscì a inserirsi nella storia dell’arte trovando dei critici compiacenti, e l’azione dell’Orsino, che un giorno di una ex estate abbandonò moglie e dieci figli e andò a vivere a Caserta con una minorenne. E questa fu davvero la sua opera d’arte, che sigillò una natura irrequieta e irresponsabile.

(Dott. Franco Penza)

 
 

ID: 5028  Intervento da: Penza Francesco  - Email: francopenza@interfree.it  - Data: martedì 14 novembre 2006 Ore: 13:46

LA PROFESSIONISTA

Siamo in un paradiso: alberi, tavolo, rigagnolo con trote. Il gorgheggio degli usignoli vibra ed esalta l’umanità degli amici, quando ti sono vicini. In un esaltante panteismo, sei rapito dalla natura: e diventi amaramente guizzante. La sorgente d’acqua pura t’immerge nel mistero della vita e della morte, ma ti senti più vero, più vivo, più naturale che mai. L’agnello vittima per un cibo degli dei ci ha raccolti e coordinati, copulato ovviamente dal bicchiere di Bacco. Grazie alla natura qui più viva che mai,
selvaggia; ma grazie anche a voi amici veri che date la possibilità di ritrovare la mia essenza primitiva.

Nulla eterno. L’uomo. La nascita. La crescita. La morte. Il lavoro. Il tedium vitae. La professionista la conobbi all’Istituto d’Arte. Era una donna bella, rimasta bambina. Occhiate furtive. Null’altro. Poi non la vidi più. Me ne parlavano gli amici. Aveva abbracciato la professione. La sua carne o meglio il suo corpo per pochi soldi era dato in pasto a sdentati megalomani. I rapporti erano glaciali. Sentiva la nausea dell’esistenza. Che lavoro avrebbe svolto senza la professione? La cameriera? Pure in qualche abitazione con mano morbida qualcuno le palperebbe le sue rotondità. Tutto sommato, che cosa significa possesso? Illusione momentanea. Il mondo è andato avanti da secoli con illusioni istantanee di piaceri artificiali. Il facile guadagno. Quanto sudore! Lo smarrimento. Aliti puzzolenti di uomini maleodoranti. Che sofferenza. Sempre più scostante, sempre più assente. Il corpo non le appartiene più. Si libra nel cielo blu. Senza confine, senza soldi, senza prostituzione. Libera. Nell’infinito in un potenziale spirituale, che è comune a tutti, ma che tutti rifiutano per la carne, l’involucro, la forma, l’esteriorità. I pupi. Il mondo. Il teatro delle marionette. Infanzia mai perduta. Bussa, entra, si siede, accende la sigaretta, si sveste, si butta sul letto, spegne la sigaretta, afferra la preda, la possiede, sospira, si alza, si riveste, paga e via.
La scena si ripete da sempre. Che cercate in questo mondo? Nell’amplesso lei dimentica con dolore, ma con piacere rivendica la sua umanità, là, dove non c’è meretricio, ipocrisia, vanagloria, inganno. Nel nulla eterno.

Dott. Franco Penza
“Primo amore” - Editrice La Voce della Provincia-1970


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