Puoi anche Tu inserire qui
un nuovo
argomento

  Torna all'indice
Comunità

Puoi anche Tu intervenire a questo argomento o invia un post alle e-mail private

Argomento presente: « "MICCIARIELLO" »
ID: 4941  Discussione: "MICCIARIELLO"

Autore: Vito d'Adamo  - Email: vda27@online.de  - Scritto o aggiornato: lunedì 6 novembre 2006 Ore: 10:37

Carissimi,
da qualche tempo il bozzetto, che questa domenica propongo, mi pressava dentro, ma non lo reputavo all'altezza di trasmissione. "Rompeva", insomma, ed ha "rotto", finché non me lo sono visto nero su bianco. Se non altro, vi sono alcuni riferimenti del passato - mi son detto -, che val la pena di riportare alla memoria: il negozio di "Radio Marelli" di Serafino Pontillo, il laboratorio di calzature del "Micciariello", cul de sac in quel vicoletto, che esiste ancora, ma del quale non riesco a ricordare il nome; la pasticceria "Carbone" di Via Venerabile Vincenzo Romano; la moda delle scarpe con lo scrocco (credo si dicesse così), da "ingegnare" in occasione della Festa dei Quattro Altari, ecc. Cosìcché, oggi... eccovelo, per quel che può valere. I personaggi sono storici; cronaca del tempo la narrazione. Epoca: 70 anni fà, semestre più, semestre meno.
Vi saluta con affetto e vi augura buona domenica il solito nonno Vito.

_________________


“MICCIARIELLO".



“Micciariello”, proprietario e gestore del calzaturificio, sito a chiusura del vico, che s’apriva da Via Venerabile Vincenzo Romano, accanto al negozio di “Radio Pontillo” - il titolare del quale, Serafino, fu l’antesignano locale della vendita d’apparecchi radiofonici e di grammofoni, nel negozio accanto alla rinomata pasticceria “Fratelli Carbone”, una dinastia -, conservava nel suo laboratorio, ritagliata nel cartone, la sagoma dei piedi di mio padre, allo stadio definitivo, e collezionava diverse mie piante, ai vari stadi di crescenza.
La cadenza degli ordinativi, occorressero o meno nuove scarpe, ma per me occorrevano sempre, era semestrale. La prima consegna avveniva per la festa dei “Quattro Altari”, la seconda per il Natale. In tempo utile, dunque, mio padre, avvertita mia madre e questa me, scendeva dignitosamente e senza fretta le scale di casa, svoltava a destra, varcato il portone, e percorsi pochi metri, s’infilava da “Micciariello”; ed io lo seguivo.
Qui aveva luogo la scelta del modello, della pelle, del colore e del cuoio da parte di papà per le prossime calzature personali. Si passava, quindi, al controllo delle misure dei miei piedi e all’ordinazione ufficiale di nuove scarpe da parte del genitore: colore, nero; pelle, cromo lucido; suola, doppia del solito, collaudato esemplare a due “occhi”, spartiti da una striscia di pelle sottile, in una piega della quale, in alto, correva una cinghietta a più buchi, che assicurava la calzatura al piede mediante una fibbia. Il modello mi era ormai divenuto odioso, sebbene, addietro nel tempo, da me e dall’entourage familiare molto apprezzato, perché invidiato e, conseguentemente, oggetto di dichiarato disprezzo dai minori del parentado.
Seguiva il rito della “prova”. Dopo una settimana dalla prima visita, si ritornava dal “Micciariello”, soprannome o “strangianome”, derivato da “miccia”, che in dialetto designa l’ancora attuale fiammifero da cucina, ché già esistevano zolfanelli, per uso domestico, cerini e, forse, "svedesi" per fumatori. Qui provavamo le calzature ordinate, dopo l’approfondita analisi dei vari materiali, usati dal fabbricante, che mio padre faceva, discutendo accortamente con l’artigiano, il quale - si fosse voluto dar retta all’origine dello “strangianome” -, sarebbe dovuto andare a fuoco, eppur non s’accendeva alle sagaci critiche, né si comprendeva come mai, se non immaginando il ricorso a qualche ben congegnata furbizia di mestiere del produttore, non facilmente identificabile neppure da un cliente di così fino naso. La disputa terminava, di solito, con una piccola decurtazione del prezzo stabilito, con soddisfazione d’entrambe le parti, il che la diceva lunga sull’abilità dei questionanti nella cura dei propri interessi.
Io, frattanto, mi disinteressavo alla disputa ed occhieggiavo, nel locale aperto sul vico, al solito macchinario, per me d’uso misterioso, anche perché mai colto in attività; tuttavia, data l’educazione impartitami, mai mi sarei sognato di rendere manifesta la mia curiosità, appressandomi al congegno o domandandone a qualche addetto le funzioni; e me ne consumavo dalla voglia. Oltre, in un attiguo stanzone, una mezza dozzina d’operai si dava da fare, intenti alle loro prestazioni: e chi tagliava e chi cuciva e chi assemblava le varie parti e chi era applicato ad una macchina dal ronzante disco, che molava assottigliava livellava levigava suole dalle calzature pressoché terminate; ed era un lavoro, al quale molto mi piaceva assistere.
Concluse le prove, che terminavano con le rituali pressioni sugli alluci per controllare la giusta lunghezza e la comodità delle calzature; eliminate le possibilità di “morsicature”, mediante accurato ammorbidimento delle tomaie a contatto con le sensibili epidermidi, le scarpe, pronte e lucidate a specchio, erano consegnate a mia madre da un fattorino, che non spariva senza mancia; e, in possesso della famiglia, erano ripassate a dovere dalle donne, con i mugugni di rito sulla forma e qualità del prodotto, sulle pretese esose del “Micciariello”, e sulla prodigalità del capofamiglia, che si sarebbe lasciato spogliare dal fabbricante, pur di non rinunciare all’eleganza e signorilità, assicurate da calzature con lo scrocco, prodotte a mano dal miglior mastro scarparo di Torre del Greco. Quanto al figlio, immaginandolo di grosso avvenire, il genitore ben l’educava al gusto e se ne compiaceva. L’interessato, invece, più che gioire delle nuove scarpe di detestato modello, se ne saziava nella certezza che i coetanei del parentado e dintorni gliele avrebbero invidiate, manifestando il maggior disprezzo di cui erano capaci, all’esercizio del quale erano davvero ben preparati e parecchio feroci.

Vito d’Adamo.

Haslach i. K. - 05/11/2006



 
 

ID: 4949  Intervento da: Vito d'Adamo  - Email: vda27@online.de  - Data: lunedì 6 novembre 2006 Ore: 10:37

.RISPONDO A SALVATORE DE LUCA, ID: 4946.

Grazie, Tato'. Prima o poi, dovremo fondare la sezione di TORREOMNIA per la Via Purgatorio, costituita dalla Tipografia Mari, dal "pasticciere motociclista" e da te, dirimpettai. Per quanto mi riguarda, ho abitato al n° 19 di questa via fino al 1960, più o meno.
Tienimi al corrente, per favore, delle notizie su "Micciariello", che riuscirai ad ottenere. Sono interessato ai personaggi della mia infanzia, ed accoglierò ogni dato come un dono prezioso.
Vivi auguri alla tua ragazza e a te.
Ciao. Nonno Vito.

_______________________________________________

RISPONDO A LUIGI MARI, ID: 4943.

Carissimo Gigimari,
le tue note, con le quali corredi gli scritti di taluni Autori, meritano un'analisi più approfondita di quella, che potrei tentare oggi in questa sede.
Mi riservo di rispondere prossimamente - ed è una promessa ed anche una bella gatta da pelare! - con la necessaria calma e dopo opportuna riflessione, specie per quanto riguarda il ricorso alla parola scritta, da legare alla diffusione attraverso il "cartaceo" o in alternativa.
Nel frattempo, esercitiamo pazienza: io, perché mi si chiariscano compiutamente le idee; tu, nella qualità di destinatario di tale messaggio.


Ciao, salutami tutti, proprio tutti. Avverto la vostra presenza affattuosa.
Nonno Vito.


ID: 4946  Intervento da: Salvatore De luca  - Email: toredeluca_1981@libero.it  - Data: domenica 5 novembre 2006 Ore: 17:06

Complimenti a nonno Vito D'Adamo per i suoi racconti.
Micciariello era molto amico del nonno della mia ragazza. Le ho fatto leggere il tuo "pezzo" e si è rallegrata. Adesso provvederà a farlo leggere ai parenti interessati.
Grazie per farci conoscere fatti e personaggi dei nostri nonni.
Io sto tutti i giorni in redazione, nella tipografia di zio Luigi, ho il negozio di fronte a lui in via Purgatorio.

Salvatore Di Luca
info@torreomnia.it


ID: 4943  Intervento da: Luigi Mari  - Email: info@torreomnia.com  - Data: domenica 5 novembre 2006 Ore: 15:38

Mio caro Vito,
ho sempre postulato la narrrativa a Torre, quella vera. Non necessariamente aneddotica, nemmeno con prevalenza dei contenuti, come quella intrisa di giornalismo di una Serao o di uno Scarfoglio, nè il mosaico di pagine dotte come quelle di un Marotta, né quella a priorità di stile e di inquietudini come quella malapartiana, né quella aulica dei salotti alla Mauriac di un Prisco o quella vernacolistica di un Rea; ma quella pacata e incisiva di un Compagnone o di una Ortese de' "Il mare non bagna Napoli", dove le inquietudini, l'inedia, l'erotismo, il caratteriale del popolo vengono descritti a priorità umana, etico-sociale, con nostalgia, e qualche rimpianto che provoca nel lettore una straordinaria, comune identificazione.
Premetto che ciascuno scrive e compone come sa e come può. Io ho modestamente valutato tutti i composti passati per questo forum o in Torreomnia dal professionista di formazione tecnica al medico, dal pittore al ragioniere; e ciascuno è degno di merito e di interpretazione anche se non si è parlato ancora di capolavori.
Tutti hanno dimostrato essenzialmente una sola certezza, la potenzialità espressiva che io ho valutato più di loro stessi, per una congeniale tendenza all'analisi letteraria, (per essere vissuto nelle tipografie da pargolo); ma nessuno da valutato la costanza del mestiere di scrivere, la sicurezza del salto dal dilettantismo alla professionalità. A nulla sono valse le mie modeste valutazioni. Sono stato per loro, probabilmente, un cattivo pigmalione; ma ciò si è verificato più per fattori ambientali e pregiudiziosi che per carenza sostanziale di rapporto.
Tutti i grandi artisti, in fondo, hanno esordito con un'opera prima imbroccata, sia essa una canzone, una vernice, un romanzo, ecc. E non ha contato l'età o la condizione e il livello culturale letterario didattico in diversi casi.
Questo non è accaduto a Te, perché Tu sai e senti quello che scrivi, sei il primo a goderne sia in superfice che in substrato, e l'abluzione teutonica ti ha estirpato le scorze provincialistiche delle radici. E soprattutto non hai l'incubo notturno di essere scorticato nel forum, di essere immolato e crocifisso sull'altare degli occhi del mondo, dell'opinione altrui. La tua marcia in più è quella che "muove la voglia di fare", senza riserve o pregiudizi, o timore di denudarsi, e alla tua età matura è una cosa meravigliosa.
Mi consentano gli altri, meno volitivi, che stai per creare un revival torrese di persone e fatti, magari già scritto, ma rivisto nel tepore della memoria, che potrebbe annoverarsi negli annali della letteratura partenopea, senza nulla togliere alle storie cronistiche dei personaggi di Peppe D'Urso.
Dopo l'antesignano Raimondo con l'ibrido "Itinerari Torresi" (primo parziale caso di narrativa torrese, nel senso quantitativo), al di là della vetusta, trita agio-storiografia), potrebbe formarsi a mano a mano, in questo forum, una nuova "provincia addormentata" di prischiano ricordo sotto la penna "dadamiana".
E' chiaro che dopo tre, quattro dozzine di racconti si può accarezzare l'idea di un cartaceo. parola di tipografo! Estrapolare i "pezzi" da questa unica piattaforma torrese di opinioni e di confronti, tanto amata quanto incompresa e valutata in un bieco gratuito da alcuni "zelanti" come terra di nessuno, al punto di far finta di ignorarla.

Luigi Mari


Puoi anche Tu intervenire a questo argomento o invia un post alle e-mail private

 Ogni risposta fa saltare la discussione al primo posto nella prima pagina indice del forum. L'ultima risposta inviata, inoltre, che è la seconda in alto a questa pagina "leggi", aggiorna sempre pure data e ora della discussione (cioè il messaggio principale),
pur se vecchio.

T O R R E S I T A'

Autore unico e web-master Luigi Mari

TORRESAGGINE