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Argomento presente: « L'odore di Torre » | |||||
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ID: 4754 Intervento
da:
Francesca Mari
- Email:
stelle_di_stelle@hotmail.com
- Data:
venerdì 20 ottobre 2006 Ore: 20:31
Beh! Caro sig. Giovanni, la sua osservazione è giusta (visti i tempi), però c'è da notare che il titolo del post è volutamente legato all'attuale situazione, e i versi nascono proprio in questi giorni di fronte alla triste realtà, e ne riportano sottili allusioni. Indicativo in tal senso è l'ultimo verso "e che per me è soltanto un acre lezzo". E' così avvilente, ormai, parlare sempre delle stesse cose. Lo facciamo già tanto coi giornali, con la cronaca, lo fanno alla tv, ne son pieni i siti internet e le piazzette in cui risuona la vox populi ... sempre la stessa solfa. Insomma, a volte la "poesia" è quasi un rifugio dell'anima, un modo per avere quegli occhi con cui "Guardare Napoli e... non morire" Con il mio rispetto Francy |
ID: 4753 Intervento
da:
Giovanni Raiola
- Email:
raiolagiovanni@virgilio.it
- Data:
venerdì 20 ottobre 2006 Ore: 17:42
Mi dispiace dissacrare questo bel palleggio poetico tra zio e nipote, ma il titolo di questa discussione "L'odore di Torre" con i cumuli di tonnellate di immondizia lascia pensare anche a cose non metaforiche. Con tutto il rispetto per i Mari, checché se ne dica, sempre provetti di penna, questa è la volta che cade a fagiuolo: "L'oore di Torre". Vedi Napoli e poi muori... dalla puzza". Giovanni |
ID: 4750 Intervento
da:
Luigi Mari
- Email:
info@torreomnia.com
- Data:
venerdì 20 ottobre 2006 Ore: 14:47
Mia cara nipote, non scatenare la bestia letteraria nel me latente. La Tua vena poetica dapprima è muliebre diafana e languida, quindi bitorzoli e spine di doglianze affiorano tra i versi come immimetizzabili bollori di lotta. E poi lieve si riversa dalla cima al mare il vomito del disamore. Tu recuperi un'etnia disgregata e deteriorata con l'alito delicato dei precordi e della speranza? Guai se non fosse così. Guai se non fosse lungimirante la speranza. Zolle ignee e tridenti infuocati nulla hanno potuto nei secoli perequare i fratelli il lava ignea. Quelli, abbrustoliti assieme, preganti assieme, inumati assieme. Dici: leopardiana tenerella: >"Così quando il mio sguardo un po’ più adulto sovente si posò sui tuoi colori, su immagini sbiadite e un po’ offuscate del Porto, Capotorre e del Vesuvio capii che dietro vi splendeva un quadro, brillante affresco dalle tinte forti che flebile implorava un gran restauro">. Uno straordinario bisogno d'amore, di giustizia, di uguaglianza, di fedeltà. Questa è la metafora del brillante affresco immaggnato da costruire, anzi da inventare. Un novello orto dell'ulivo e centomila torresi, con centomila tentazioni respinte vincerebbero come serafini e cherubini sulle probabili prossime strade torresi infuocate di destino ineluttabile. Un amore e un'amicizia, una giustizia e una solidarietà pur fradicia di retorica che prevaricherebbe e sopraffarrebbe ogni evento di fuoco passato, nella consapevolezza che la storia cruenta naturale è dietro ed innanzi alla sacralità della vita umana che impera ed ignora trasformando i lutti vulcanici in fanfaluche oniriche irrisolte, inconsistenti, immateriali. Finalmente RICOSTRUITO IL NUOVO SCENARIO VESUVIANO! Argomenti correlati: www.torreomnia.it/Testi/forum_torreomnia/messaggi_forumi1.htm |
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