Torna all'indice Comunità |
|||||
Puoi anche Tu intervenire a questo argomento o invia un post alle e-mail private |
|||||
Argomento presente: « NARRATIVA ANNI 60 » | |||||
|
ID: 4403 Intervento
da:
Penza Francesco
- Email:
francopenza@interfree.it
- Data:
lunedì 18 settembre 2006 Ore: 12:37
Grazie Virna di avermi mandato indietro nel tempo. Adesso propongo un simpatico articolo di Tuo padre sul giornalismo degli anni 70. Oggi il cartaceo è in agonia. Il pezzo che segue è entidiluviamo, ma non perde l'efficacia. PAOLO FRINGUELLI, GIORNALISTA SUI GENERIS Ma in Campania vi è pure chi stampa il suo bravo foglietto quotidiano. Non si tratta del solito scrittore da dopolavoro comunale o poeta della domenica. Egli è uno strano filosofo che tira quotidianamente col ciclostile una modesta pubblicazione in folio. Il contenuto della stampa di Paolo Fringuelli, perché di estetica non si parla proprio, può essere riassunto in poche parole. La teoria di Paolo Fringuelli, bruno, tarchiato, con gli occhi piccolissimi dietro occhiali enormi, consiste in un movimento starei per dire paracristiano o ideal-politico cristiano, come meglio viene, che postula la giustizia sociale attraverso le sole pacifiche (?) armi: carta, penna e calamaio. Questa particolare forma di giustizia, pero, pretende un riscatto dei brutti, dei poveri, degli oppressi, insomma di tutto il negativo storico. Si tratterebbe, in pratica, di ribaltare i valori materiali universalmente riconosciuti. Ghettizzare e sottomettere, ad esempio, i ricchi, i belli, i saccenti, i detentori del potere, i quali, tutto sommato, costituiscono delle minoranze. Stabilire, in parole diverse, un classismo alla rovescia. Creare un' inversione di interessi, un modello sociale di valori pratici piu vicino alla massa. Egli è convinto che ciò sia possibile poiché la massa è più numerosa, e, da che mondo e mondo, la maggioranza vince. Si dirà, ad esempio, alla vista di una bella ragazza: Pussa via, bella e oca che non sei altro, che hai la marmellata al posto del cervello? Oppure: Disgraziato di un possidente, non ti avvicinare, sa, con la peste bubbonica della ricchezza, con la tua solitudine squallida! E ancora: Meschino di un potente, sparati la tua bomba atomica nel didietro perché, sappi, che essa manderà all'inferno te per primo, e via ciarlando. Paolo Fringuelli ripete i moduli rancidi della protesta qualunquistica sostenendo che i poteri si camuffano di democrazia; che il sapere e la diffusione della stampa hanno scosso i giovani dal torpore dei vaneggiamenti filosofici, dall'illusione degli ideali politici, eccetera, eccetera. «La cultura e l'informazione, caro il mio tipografo conformista - mi disse - fraternizza il figlio del ricco con quello del povero ed entrambi vanno nei fondelli ai genitori». Paolo Fringuelli si desta puntualmente alle quattro del mattino, ciclostila in fretta tutto ciò che rimugina durante la notte. Alle dieci in punto esce la sua edizione quotidiana che distribuisce a mano personalmente, ogni giorno in un paesel1o della provincia. A Napoli non sarebbe mai più andato perché un paio di volte «Mi indofarono di mazzate, chilli chiaveche! Fai bene, va'!». Gli risposi che il prezzo che pagano i messia è caro. Ci sedemmo su di una panchina nella Villa Comunale di Torre del Greco, e gli chiesi perché ce l'avesse in particolar modo con i fondelli dei suoi nemici. Ed egli per tutta risposta mi accusò di essere certamente un tipografo venduto al sistema, una pedina della società capitalistica. Le sue spontanee reazioni non mi irritavano. Era sincero, in cuor suo, era solo un uomo mediocre affascinato dalla moda del giornalismo. Ma qualche idea originale non mancava, anche se astratta, fantasiosa ed utopistica. Non valeva la pena di compiere sforzi intellettivi per dire la mia, in fondo gli volevo bene, perché finisco col voler bene tutti, prima o poi, con la mia passionale tendenza all'analisi, ma compromessa, spesso, da un sentimentalismo che più partenopeo non si può. Dopo me stesso, vedo tutti come bambini cresciuti; in questo modo si riesce ad intenerirsi a cospetto dei malvagi, dei pazzi, dei maniaci pure cruenti.Veder le loro carcasse d'adulti, non richieste, come scafandri sui loro corpi minuscoli, con quei ditini mirmicolanti; quasi sempre bimbi vessati, soffocati dalle angherie forse inconsapevoli dei genitori e degli educatori. Poveri assassini, poveri maniaci, poveri malvagi, (si fa per dire) quanto male hanno ricevuto le loro testoline in formazione, quanta indifferenza ed incuria, per essere condannati a divenir tali, a vegetare nella loro irreversibile maledizione. Forse noi sani che giustamente li condanniamo dovremmo espiare la nostra piccola parte di colpa, non altro la diffusissima politica dello struzzo, proprio quella che da noi talvolta fa pensare: Ad un palmo del mio sedere faccia chi vuole! Ma noi genitori, meno degli educatori, non siamo psicologi, e soprattutto molti di noi siamo degli incoscienti bambini cresciuti, quindi agiamo in buona fede pur quando commettiamo errori gravissimi. Per fortuna i casi gravi sono ancora contenuti, pure nella mia terra. La maggioranza, male che vada, pecca solo di connivenza, forse allo scopo di non peggiorare situazioni scabrose. E va bbuo- no, nun fa niente; chiurimme 'n'uocchio; E' cos' 'e niente; Scurdammece 'o ppassato. Questa è la filosofia del popolo vesuviano buono, pacifico, ma lontano dal concetto di codardia, una maggioranza di popolo inquieta, che anela il convivere sereno e civile, ma che si disorienta sempre più. Il negativo nella nostra terra è rappresentato da una minoranza più esigua di quello che si pensa, ma lo sanno pure i neonati cosa provoca una pera marcia in un paniere di pere buone. Dissi a Paolo Fringuelli: «Non ricordo chi ha detto: l'illusione di ogni ideologo è quella di lusingarsi di cambiare il mondo, ma esso e fatto non gia di deliri mistici di tante idee separate, ma di tanti istinti separati, i quali, quando fraternizzano finiscono sempre, in un modo o nell'altro, col farsi male a vicenda». 1970 Luigi Mari |
ID: 4402 Intervento
da:
Veronica Mari
- Email:
veronicamari@libero.it
- Data:
lunedì 18 settembre 2006 Ore: 12:24
Avevo otto anni quando feci una ricerca scolastica sul giornalismo locale e mi avvalsi di questo pesso di mio padre degli anni 70. Voglio riproporlo al Dott. Penza, veterano del cartaceo locale sin dal 1960. IL SOGNO DEL GIORNALISMO ANNI 70 Nota: Questo discorso era valido 30 anni fa quando è stato steso il capitolo. Oggi con la rete le cose sono cambiate (N.d.R) Le tipografie artigiane vesuviane che ancora realizzano nella maniera tradizionale le pubblicazioncelle locali pressate dalle ambizioni letterarie degli oscuri docenti di lettere, o dei cultori di sogni nel cassetto, o dei poeti del sabato sera di fama intercomunale, arrotondano il fatturato in un contesto lavorativo molto compromesso dall'offerta satura. Ebbene, io appartengo alla categoria di questi sciagurati sognatori, conscio, però, del carmina non dant panem, non solo, ma pure del nemo propheta in patria, poiché queste sporadiche mie esperienze scrittorie desuetamente autofabbricate in tomi, sono destinate, volutamente a non valicare il circondario regionale. Sono comunque solidale con tutti gli sventurati come me, e quasi mi rammarico del privilegio di poter prevalere, almeno quantitativamente, sugli altri, che la sorte non li ha voluti nemmeno bottegai tipografi. Comprendo, anche se non giustifico, coloro che non sanno valutare i propri limiti, e continuano imperterriti in questo cammino spinoso, attribuendo il loro insuccesso solo a fattori egemonici da circolo chiuso. Oggi, più che mai, in tutti i settori culturali, l'estetica prevale sul contenuto, questo tende a soffocare l'espressione popolare nell'arte scrittoria, ed è una discriminazione. Chiunque ha il diritto di esternare i propri sentimenti, anche al di fuori di virtuosismi dottrinari. L'importante è riconoscere la propria posizione e non ostinarsi ad apparire quello che si vorrebbe essere e non si è. Non è la semplicità d'espressione che è nociva, quando c'è contenuto, ma l'elaborazione culturale della povertà estetica che alimenta il desiderio di abbarbicarsi verso i fastigi di castelli a cui non si e provveduto, negli anni, a mettere su con tenacia e abnegazione, dietro un allenamento estenuante, mattone su mattone. 1980 Luigi Mari |
Puoi anche Tu intervenire a questo argomento o invia un post alle e-mail private |
Ogni
risposta fa saltare la discussione al primo posto nella prima pagina
indice del
forum. L'ultima risposta inviata, inoltre, che è la seconda in alto a questa
pagina "leggi", aggiorna sempre pure data e ora
della discussione
(cioè il messaggio principale), |
|
|
T O R R E S I T A' |
Autore unico e web-master Luigi Mari |
TORRESAGGINE |
|