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Argomento presente: « "Un signore per bene" ed altro »
ID: 4353  Discussione: "Un signore per bene" ed altro

Autore: Vito d'Adamo  - Email: vda27@online.de  - Scritto o aggiornato: venerdì 15 settembre 2006 Ore: 23:26

Un signore per bene

Ho preso di primo pomeriggio il treno per Bari alla Centrale di Napoli. Nei vagoni si pigia una varia umanità, s’intessono le fila degli innumerevoli interessi, che spingono la gente a viaggiare.
Trovo un posto in uno scompartimento, occupato da tre giovani. Si deduce dai loro discor-si che sono commessi di negozio leccesi, che provengono da Roma, che tornano a casa per le ferie.
Se ne stanno sdraiati sui sedili imbottiti, parlano e fumano. Si sono tolte le scarpe.
All’ultimo minuto arriva un agente di commercio, si capisce subito dal voluminoso cam-pionario, dà uno sguardo nello scompartimento, e decide di entrarvi anche lui. Borbotta “fradiciume”, alludendo ai tre giovani stravaccati; entra, si siede, apre una valigetta, ne to-glie un paio di calzini puliti e va a sostituirli ai pedalini finora calzati nel gabinetto. Torna, prende posto e si toglie le scarpe anche lui.
Non ho ancora aperto bocca. Mi limito a fumare nel corridoio, presso il finestrino aperto, compreso dal pensiero di portare a buon termine una grossa operazione, per perfezionare la quale ho in borsa piena delega della Ditta, presso la quale lavoro, solo basata sulla fiducia dei titolari nei miei confronti, anche se consci della mia inesperienza in materia; una prova e un rendere conto di me e delle mie capacità, che per nulla al mondo vorrei pregiudicare.
Il treno s’è mosso, intanto, e durante buona parte del tragitto attraverserà campagna, col-line e monti, finché non s’aprirà davanti a noi il Tavoliere. Costeggiamo, ora, il letto semia-sciutto di un fiume. Non so qual fiume sia e per questa mia ignoranza mi sembra di non go-dere appieno delle sue svolte e del suo percorso. Ciottoli, calcinati e tondi, svelano a tratti un fondo asciutto; ma l’acqua c’è, talora anche abbondante. Penso debba trattarsi del Calore, ma non ne sono sicuro. Noto alcuni animali salvatici sfrecciare nella macchia, uno stormo di passeri, che si leva dai campi di grano; e, sebbene sia domenica, un manipolo di contadi-ni, intendi alla mietitura.
Nello scompartimento, tutti senza giacca, via le cravatte, le maniche delle camicie ripiega-te, scarpe sotto i sedili, sentore d’umanità, liquefatta dal caldo.
Vesto un abito leggero grigio chiaro, abbottonato, camicia e cravatta. In più, ho un’aria pensosa e grave. Questo basta ed avanza ai miei compagni di scompartimento, nel quale so-no rientrato. Parlano a bassa voce, si compongono decentemente sui sedili, scuotono la ce-nere delle sigarette nei portacenere e vi gettano i mozziconi.
Continuo a tacere; in effetti, mi sto facendo gli affari miei. Ho nelle mani “Il Quartiere” di Vasco Pratolini e lo leggo assorto, trovandolo bello ed interessante. Così, tra una pagina e l’altra, rimugino a come si scrive e a che cosa scrivere e perché, pensieri che mi prendono sempre. Questa volta mi abbrevieranno il viaggio.
A Foggia sale una famiglia: madre giovane e florida, una figlia belloccia, padre e giovane figlio, gente comune, tanto, che finanche il loro aspetto oggi mi sfugge. Cedo il posto alla madre e me ne torno nel corridoio. Non riesco a leggere, ma penso al libro del Pasolini. Lo rapporto a quanto è stato nei miei primi anni giovani.
Quante volte avrei voluto scrivere del Viale Armando Diaz, viale della provincia, ove c’incontrammo e mescolammo, non senza contrasti, le aspirazioni e la solitudine di ognuno di noi! Scrivere dei tempi trascorsi con Nino, ora giornalista di un prestigioso quotidiano della capitale, premio Marzotto, sposato, con prole; con Alfonsino e Foffo, sposati, e Pepè, segretari di Prefettura; con Mario, fresco sposo; con Omero, magistrato a Milano; con Fran-co, assistente universitario; con Mimì, specializzando in radiologia; con Ugo, che, nato negli Stati Uniti da genitori italiani, ritornati a Torre del Greco, si occupa di petroli, s’è costruito una tozza barchetta e pagaia a vista dei Mulini Marzoli e della vaga Ornella. Scrivere anche di me, che sono il meno sistemato di tutti, perpetuamente in ritardo con i tempi, giorno e notte disperando del mio stato, che oscilla tra aspirazioni letterarie e necessità di sopravvi-vere. Scrivere di come fummo, di come vivemmo, delle reciproche influenze, che eserci-tammo l’uno sull’altro.
Oh, io mi aggiorno sempre sui miei amici; seguo le loro carriere e mi piace pensare che ora lo sappiano, perché, anche se divisi, come siamo, e parchi di notizie, anche noi avemmo il nostro quartiere, cui rifarci, rivolgersi e riferirsi, al quale pensare come fonte d’aggregazione. Abbiamo avuto molti punti in comune con i personaggi di Pratolini: Gior-gio, Arrigo, Carlo, Valerio - e la storia delle loro ragazze fu un poco anche la storia delle no-stre ragazze -, anche se appartenevamo alla media e piccola borghesia.
Sarebbe un discorso lungo, a questo punto, specie se costretto entro i termini del confronto con la qualità della narrazione, che vado gustando. So, tuttavia, in partenza, che non scrive-rò mai di queste cose, forse perché non ne sono capace, forse perché è troppo caro e amato argomento per rischiare di sprecarlo. Pratolini, invece, ti propone il suo “Quartiere” bel bel-lo, con una semplicità, che ti riempie d’emozioni. Ma tant’è: nella mia mente già si presen-tano i “distinguo” logici e critici: conosco perfettamente come la semplicità sia un punto d’arrivo.
A questo punto, per non rendermi schiavo ancora e sempre dei miei sofismi, la smetto e, visto che s’è fatto libero un posto, rientro nello scompartimento, mi siedo e mi dedico di nuovo alla lettura.
La ragazza belloccia, intanto, si dà un gran daffare a parlare, ad ascoltare i discorsi, che scorrono nell’aria greve dello scomparto, a parteciparvi, pronta a chiedere e a dar risposte. Non le bado. Questo forse la indispettisce e la fa dispetto certo il mio muso serio. Non la guardo, né partecipo alla discussione, che s’è fatta generale su non so più che argomento, quasi sottovoce per soggezione alla mia austera presenza e la preoccupazione di non distur-barmi.
È una posa, la mia, un atteggiamento indisponente, antipatico, che non m’appartiene e che subisco, impostomi dagli stessi miei compagni di viaggio, al quale loro pure soggiacciono, me ne rendo conto. Muoio, infatti, dalla voglia di entrare in conversazione anch’io, farmi bello con quattro frasi ben congegnate; parlare alla ragazza, farla ridere, guardarla in viso apertamente, magari sbirciarle le gambe. Ma tant’è: io sono per tutti il solo signore serio e completamente vestito, abbottonato e calzato di quel treno (salvi, beninteso, il personale viaggiante e gli agenti della Ferroviaria), con destinazione Bari. È un gioco, che non ho vo-luto io, ma al quale gli altri sembrano tenere molto, ed io in ciò non li deludo. Volta per vol-ta che qualcuno scende alla propria destinazione, non manca di salutarmi e di augurarmi, buon proseguimento, buon viaggio, ed io accenno un grazie con la testa, con tratto condi-scendente ed urbano, sempre serio serio, come ognuno crede debba comportarsi il perso-naggio, da lui stesso e dai medesimi presenti creato e materializzato nella mia persona.
Finisco per sentirmi una vera e propria marionetta, disgustato da un copione, la cui stesu-ra ho suggerito ad altri con il mio atteggiamento. Il tempo, però, è passato in fretta e sono arrivato a Bari senz’altri intoppi quasi senza accorgermene.
Quanto al grosso affare, che dovevo trattare a Bari per la Ditta, l’ho portato a termine alla grande, con larga soddisfazione di tutti, specie mia.

Vito d’Adamo.


Da “LA GAZZETTA DELLE COSTRUZIONI”, quindicinale d’informazione, agosto 1955. Direttore Responsabi-le: Stefano Piciullo. Condirettore: Francesco Berloco. Caporedattore: Vito d’Adamo. Editrice SPE, Napo-li. Aut. N. 868 del 12.07.1955. Stampato dalle “Arti Grafiche” srl di E. Scarfoglio. Direzione, Redazione, Amministrazione: Napoli, Via Carlo De Cesare, 64. Tel. 62261.
Lo scritto, qui riportato, fu ripreso da altre pubblicazioni, talvolta con consistenti varianti, soprattutto formali, e con qualche aggiustamento verbale.

__________________________________

Carissimi tutti - e rispondo parzialmente alla ID 4343 di Gigimari -, desidero rendere manifesto ai lettori, un particolare esperimento, una formula, che adottai in alcuni miei scritti, taluni già pubblicati da TORREOMNIA. Abbinai, cioè, volta per volta un luogo ad un libro (i Camaldoli e Villa delle Ginestre con “I Canti” del Leopardi e “ I Miti del Tirreno” del Cetrangolo ne “I Lazzari”; un treno con destinazione Bari con “Il Quartiere” di Vasco Pratolini ne “Un signore per bene”, che oggi propongo; Dante, Leopardi ed altri Autori ancora con Torre del Greco in “Per Torre col turista”. Questo rituale fu anche sperimentato in alcuni altri racconti, prodotti in seguito. Tengo a far notare una costante di taluni miei scritti, che mi sembrò originale, ma alla quale non ho sempre ricorso; e ne ho rimorso.

Desidero mettermi in contatto con ANGELO GUARINO, mio coetaneo d’America con il quale avviare un discorso molto serio sulle migrazioni di nostri connazionali, diversi-ficate dalla scelta dei Paesi d’accoglienza, Terre d’oltreoceano e Nazioni europee.
A rendere diverse tali migrazioni sono concorsi vari fattori: tempo trascorso; lonta-nanza dall’Italia limitata o estesa; grado d’integrazione nella società accogliente; fe-nomeni che vanno dalla nostalgia ad una severa critica alla politica, perseguita in Ita-lia; dal rimanere legati alla visione da “valigia di cartone”, alla consapevolezza delle sudate conquiste (acquisizione della doppia cittadinanza senza perdita dell’italiana; diritto di voto in loco attivo e passivo per corrispondenza per le elezioni in Italia; voto in loco attivo e passivo per le elezioni dei Consigli comunali e regionali in Germania, ecc.). Fenomeno comune, interessantissimo, di primo piano: la venuta alla luce, spontanea, di una letteratura in lingua italiana, italo-dialettale, o dialettale d’oltrefrontiera, - e quando il termine “letteratura” va inteso quale raccolta di versi e di scritti d’individui di scarsi studi, o addirittura analfabeti, che dettano a scribi im-provvisati le lettere da inviare a casa e i loro pensieri, talvolta pregevoli; e quando al termine “letteratura” può essere attribuito un significato più rispondente, purtroppo non sempre, per la produzione di scrittori, più provveduti, se non di fantasia, almeno di studi e di proprietà di linguaggio). Non desidero anticipare di più. Tento di aprire una discussone, di per sé vasta e difficile, tecnica, politica ed, insieme, particolare di un fenomeno, che ha prodotto una diaspora, che credo superi, tra pionieri e discen-denti, l’attuale popolazione, residente in Italia. A questa diaspora d’Italiani ed ex, fuo-ri dei confini della Patria d'origine, bisogna che oggi, dopo decenni d’abbandono, gli Italiani-dentro, comincino a pensare seriamente, anche per quanto riguarda le possi-bilità che l’Italia-fuori offre ai connazionali-dentro in tutti i campi. Le “valigie di car-tone” si sono ormai tramutate in Scrigni, contenenti ogni sorta di tesori.
Con l’occasione, intanto, invio ad Angelo i migliori auguri per la pubblicazione dei suoi recenti scritti, impaginati su TORREOMNIA, che impianteranno un’appassionante base di discussione, certo di primario interesse. Gli auguro lunga vita, piena di salute e di soddisfazioni.

Caro Gigimari, anche questa volta mi hai tirato per gli orecchi nel FORUM – ed io ci sto-. Sei avvertito: preparati a grosse sorprese: l’impresa già notevole di TORREOMIA, si estenderà dal Mondo torrese e dintorni, a quello ancora poco conosciuto. Il quale, a ben considerate, è proprio dell’animo avventuroso, nelle possibilità, nei disegni, nei costumi dei nostri compaesani.

Saluti ed affettuosità a tutti.

Vito.






 
 

ID: 4369  Intervento da: Angelo Guarino  - Email: AngeloJG@aol.com  - Data: venerdì 15 settembre 2006 Ore: 23:24

Caro Vito,
anzitutto grazie per gli auguri per la pubblicazione dei miei recenti scritti su Torreomnia, "un appassionante base di discussione, certo di primario interesse" e sopratutto grazie per avermi agurato una lunga vita che io reciproco di vero cuore.
Riguardo il tuo desiderio di metterti in contatto con me" per avviare un discorso molto serio
sulle migrazioni dei nostri connazionali" sincermente, ti ringrazio per la tua fiducia in me.
Credimi ne sono lusingato, pero' debbo dirti che io non sono ne' un letterato, ne' uno storico; sono un uomo qualunque, mi piace scrivere, si e' vero, ma Io scrivo cose con cui io ho avuto contatto, cose che sono state parte vivente della mia vita o rapporto cose sentite o lette, ma solo dietro una buona ricerca (passo ore in libreria). Non fantastico, non invento , non assumo.
Tu mi chiedi di essere il tuo filo di comunicazione per argomenti e fatti che ne sono (quasi) ignorante o ne ho poca conoscenza, come soggetti nella tua lunga lista.
Grazie di nuovo, ma io non credo di essere la persona adatta per il tuo encomiabile progetto.
Cio' nonostante continuero' a leggere le tue lettere ed i tuoi articoli che trovo interessantissimi ed educativi.

Salute e saluti a tutte le mie nipotine e nipotini della redazione di Torreonmia - va bene cosi, Virna?
a te un fraterno abbraccio.

Da New York, come sempre e per sempre, vogliamoci bene, Angelo

PS: sono curioso di sapere perche' hai inserito gli auguri ed il tuo "desiderio" in "Un Signore Per Bene" ed altro, invece di come risposta al Seguendo La Via Del Sole, come usualmente si fa'. Io ho trovato il tuo scritto nei miei riguardi solo perche' Io ho tanto tempo a disposizione e leggo quasi tutte le lettere mandate a Torreomnia, ma quante persone hanno lo stesso vantaggi (di tempo) e leggono tutte el lettere, a menoche' non si e' personalmente interessati, ciao, ciao


ID: 4362  Intervento da: D'Adamo Vito  - Email: vda@online.de  - Data: venerdì 15 settembre 2006 Ore: 20:15

Carissimi,
qualche anima pia comunichi, per favore, a Gigimari che ieri gli ho mandato un messaggio sul sito personale per chiedergli parere e consiglio su una richiesta di collaborazione, alla quale devo rispondere.
Grazie, a presto e ciao a tutti.

Vito.


ID: 4355  Intervento da: la redazione  - Email: info@torreomnia.it  - Data: giovedì 14 settembre 2006 Ore: 15:07

Siamo i ragazzi della redazione coalizzati:
Finalmente Luigi Mari ha avuto pane per i suoi denti. La cosa che sconcerta e ci attizza è che sicuramente Luigi sarà la spalla di Vito e vito sarà quella di Luigi, ma quello che si prospetta bello è che non ci sarà competizione, anche se entrambi amano la letteratura in maniera sviscerata, ma in onore ed in nome di essa non ci sarà la minima ombra di bega. Ne vedremo delle belle positivamente parlando.
Sin'ora Luigi Mari non ha avuto stimoli adeguati sul forum per tirare fuori non già il suo bagaglio del "sapere", ma la sua forza creativa.
Vito D'Adamo, diretto "discendente del primo uomo della storia" sta incalzando in un crescendo espressivo desueto. Ma quello che più è di interesse capillare è che sta aprendo i suoi "scrigni di passato vesuviano" per dirla con Lui, anche se uno IERI pre-post bellico, arricchendo senz'altro la trita e retorica storiografia nozionistica-agiografica della nostra area spesso pseudo-culturale. Vito tira dal cilindro aneddoti, notizie di prima mano, cronache dal vivo, ecc. senza trascurare il senso della letteratura propriamente detta.
E questo solo per amore, solo per amore delle radici. Non è bellissimo e nobile?

La redazione


ID: 4354  Intervento da: Luigi Mari  - Email: info@torreomnia.com  - Data: giovedì 14 settembre 2006 Ore: 12:55

Io non sto nei panni.
Come è potuto capitare nel forum Torreomnia una personalità che sa scrivere. Non uno che scribacchia o fa quartini in folio o libelli, o che, come si diceva una volta, sa di latino. No! Uno che conosce l'arte dello scrivere nella sua essenza profonda e non imbratta la rete di temi, temucci o temoni da terza elementare.
Non parlo di didattica esasperata e nemmeno di stile indovinato, queste sono sfumature se pur importanti; mi riferisco, invece, al "percorso mentale creativo" che non affogano nella retorica e nel trito.
Un uomo così per i torresi carenti di letteratura creativa da sempre è platino, ancora più prezioso per l'aria teutonica dell'attuale suo stato anagrafico.

Vito, "trasenno 'e sicco" modesto e silente e "mettendosi di chiatto" sguainando le lame affilate non solo del sapere, ma del creare idee senza necessariamente prendere in prestito ideologie, mi ha sconvolto, ad esempio quando scrive:

> Caro Gigimari, anche questa volta mi hai tirato per gli orecchi nel FORUM – ed io ci sto- >.

Orecchio è una parola cosiddetta sovrabbondante, cioè con doppia desinenza, in questo caso sia al singolare che al plurale.
Comunque al singolare si usa soprattutto la forma maschile orecchio, mentre al plurale forse c'è una leggera prevalenza del femminile orecchie.
Comunque non è un errore dire orecchia Con ginocchio la risposta è la stessa per la fisicità umana.
Non proprio: il singolare è solo maschile (il ginocchio), il plurale può essere sia maschile che femminile, ma si usa praticamente solo il secondo (le ginocchia).
Già che ci siamo, "dito": al singolare solo maschile, come ginocchio, ma al plurale, maschile quando sono considerati separatamente (i diti medi), e femminile quando sono considerate nel complesso (le dita della mano)...

Ma non è questo il punto. A parte le pedanterie didattiche, queste sfumature Vito non le studia, o non se le ricorda tra i pennini, la china o il nerofumo, le partorisce ad orecchio, come musica. Perché uno dei concetti fondamentali dello Scrivere con la S maiouscola è il ritmo e la musica nella frase, il concerto nella pagina. (Vedi Marotta).

Ma il punto da focalizzare è che "Trascinare per le orecchie" sta bene per l'atto fisico del rimprovero quando le dita stringono e trascinano i lobi degli scolari, (una volta... provaci adesso...); mentre "Trascinare per gli orecchi" (prurale), secondo la convenzione idiomatica, calza per la metafora: "trascinare strimolando in qualcosa di astratto".

Solo uno scrittore conosce queste differenze. Vito non avrebbe mai scritto "Mi hai trascinato per le orecchie".
Vito, sono in attesa delle Tue chicche. Facci sognare. Se vuoi sarò la Tua guida letteraria come De Angelis per Joyce, scriverò la guida per il Tuo "Ulisses-Torreomnia".

Luigi Mari




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