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Argomento presente: « Retrospettiva culturale Torre »
ID: 4280  Discussione: Retrospettiva culturale Torre

Autore: D'Adamo Vito  - Email: vda@online.de  - Scritto o aggiornato: venerdì 8 settembre 2006 Ore: 01:16

Ecco, caro Gigi, cari amiche ed amici della Redazione,

un autentico zuccherino in anteprima e inedito, che propongo a TORREOMNIA tutta: chi volete che oggi serba memoria del ciclo di conferenze, promosse da “IL DELFINO”, circolo di varia cultura fondato a Torre del Greco nel 1955 da un gruppo di benintenzionati amici? Ebbe ospitale sede presso i Brancaccio, in Via Roma, e fu ignoto ai suoi tempi e disconosciuto da quei pochi, che ne ebbero sentore. “IL DELFINO” durò poco, essendosi, forse, limitato ad occupare, per prova od altro, il ciclo estivo di quell’anno; né saprei come altrimenti interpretare la cessazione delle attività del sodalizio (Vito d’Adamo).

Attività estiva de “Il Delfino“, Circolo di varia cultura

Torre del Greco, luglio 1955 – Al “Delfino”, circolo di varia cultura, il Dott. Antonio Brancaccio, presentato dal giudice Omero Sorrentino, ha tenuto la conferenza inaugurale sul tema: “Breve storia dello Jazz”, documen-tata da numerose riproduzioni fonografiche dal vivo delle varie epoche e scuole jazzistiche.
La seconda conferenza ha investito l’attualissimo tema sulla “Personalità individuale ed immagini collettive”, svolta con bravura e competenza dal giovane magistrato, Dott. Omero Sorrentino.
Alla fine di luglio il poeta Enzo Cetrangolo, gradito ospite della nostra Città, ha parlato su “Virgilio epico”, riscuotendo ampi consensi e vivissime adesioni. Il poeta ha letto, inoltre, molti brani virgiliani in anteprima, di-rittamente dalle bozze di stampa del volume d’imminente pubblicazione per i tipi della Casa Editrice Sansoni: “Il torneo di Palinuro”, libro che raccomandiamo vivamente all’attenzione dei nostri lettori.
Nella prima decade di agosto Vito d’Adamo, nostro redattore capo, parlerà sul tema “Canto quinto: il dramma di Paolo Malatesta”.

Torre del Greco, 18 agosto 1955 – Giovedì 18 agosto u. s. Vito d’Adamo ha tenuto al “Delfino” l’annunciata conferenza sul tema: “Canto quinto: il dramma di Paolo Malatesta”. Il nostro redattore capo, dopo aver puntua-lizzato la posizione del moderno critico sulla concezione dantesca dell’Inferno, ha ricostruito, sulla scorta del materiale apprestato dallo steso Autore, la tortuosa psicologia di Paolo e la progressiva accettazione da parte del giovane dell’amore per la cognata Francesca, venutegli meno, volta per volta, le difese fornite dalla religione, dalla morale, dall’affetto fraterno.

L’amore, dai due cognati stessi sulle prime contrastato ed impedito, fa loro assumere nuove dimensioni, le qua-li, non costrette entro i termini, imposti dalle convenzioni sociali dell’epoca, finiscono per dilagare: più non val-gono ragioni morali, la religione, la certezza della dannazione eterna, del castigo degli uomini e della vendetta di Giangiotto a trattenere Paolo e Francesca dal loro prossimo e fatale momento, poiché si fa sempre di più strada in loro la convinzione della fattibilità di soddisfare al loro amore. È la somma dei patti ai quali, volta per volta, sono venuti con la loro volontà di resistere e con le rispettive coscienze, che neppure avvertono, ora, tanto è dol-ce abbandonarsi all’intenso turbamento, che loro deriva dalla certezza della prossimità del cedimento.

Ecco: ora leggeranno un libro e vi sarà un punto che stroncherà le residue resistenze. Egli l’ama e niente potrà più fermarli. Francesca sola può comprendere qual sia la forza del sentimento di Paolo, se considera su che ob-brobriosa desolazione, su che innominabile smarrimento egli non resti dal passare, pur di saperla sua.
È vero: egli le offre tradimento, adulterio ed incesto come pegni d’amore; e Francesca dividerà con lui quelle colpe nell’attesa del castigo, della morte, dell’Inferno. Nel pianto di Paolo, che nella bufera infernale tace, si ma-nifesta il dramma dell’uomo, vinto d’amore eppur conscio del castigo, che sa di meritare, e tuttavia vincolato alla donna, che condivide la pena; e l’intensità del silenzioso tormento è tale, che il Poeta dalla pietà viene meno.
È annunziata per i primi di settembre, la conferenza del Dott. Iffland Cetrangolo sul tema: “La donna nella so-cietà moderna”.

Dal quindicinale: “LA GAZZETTA DELLE COSTRUZIONI”. Direzione, Redazione, Amministrazione: Napoli, Via Carlo de Cesare, 64. Direttore Responsabile: Stefano Piciullo, Condirettore: Francesco Berloco, Redattore Capo: Vito d’Adamo. Editrice SPE, Napoli. Aut. N. 868 del 12.07.1955. Stampato dalle Arti Grafiche srl E. Scarfoglio, Via Chiaia, Napoli.
Il ciclo delle conferenze fu annunciato anche da: “RINASCITA ARTISTICA”, Anno IX, numeri 7 e 8, luglio-agosto 1955.

Vito D'Adamo dalla Germania

 
 

ID: 4301  Intervento da: la redazione  - Email: info@torreomnia.it  - Data: venerdì 8 settembre 2006 Ore: 01:16

Inerito il primo capitolo di "LACREME NAPULITANE" di Angelo Guarino dall'America: Progetto grafico di Salvatore Agenziano; coordinamento letterario della signora Gianna De Filippis; tratto dal sito www.vesuvioweb.it

www.torreomnia.com/storia/america_guarino/set_fra_america.htm

La redazione


ID: 4288  Intervento da: D'Adamo Vito  - Email: vda@online.de  - Data: mercoledì 6 settembre 2006 Ore: 13:30

La scuola d’incisione sul corallo a Torre del Greco

Una pioggerella sciacqua le foglie d’edera che fasciano il vecchio pozzo al centro del chiostro. Sbatte sui quattro alberelli di sapore esotico ed imperla l’erba. Gli Alleati avevano fatto di questo giardinetto un letamaio. Ma ora le piante possono bere l’acqua di primavera, grazie ad amorose cure. Sotto i portici, però, le aule sembrano aver sostenuto un assalto di Unni. Una mano amorosa qui non può niente, e l’uomo ha dovuto cedere. Promesse sono state fatte, però. E chi non fa promesse di questi tempi? Non sono, però, mantenute né da parte del Genio Civile, né dal Comune, né dai partiti, e Dio sa se queste aule servirebbero! Nulli i reclami. A che serve squarciarsi la gola contro i sordi? Intanto i corsi serali non pos-sono ripristinarsi.

“Desidererei parlare al Dott. Ferracciù”. Mi fanno accomodare al primo piano. Il direttore ha terminato or ora la lezione giornaliera, m’invita nel suo studio. Mi piace il direttore: è un uomo energico e leale, che ama la sua scuola, le sue conchiglie, i suoi coralli, le sue cose, cui dà vita. Parla un po’ triste, con accento lievemente settentrionale. Si vede che nell’adempiere al suo dovere, cozza contro ogni specie d’ostacoli. Vi è, infatti, un’antipatia istintiva da parte di certi artigiani di Torre, i quali non vedono di buon occhio che da questa scuola escano al-tri artigiani, superiori per indirizzo artistico, che potrebbe far gettare sul mercato oggetti molto più originali e ben fatti che non siano quelli di cui la piazza è satura. Il commercio lo-cale smercia sui mercati la paccottiglia richiesta, e gli allievi e la stessa scuola si devono a-dattare alle esigenze del mercato. Tutto ciò sa d’agonia e sono davvero notevolissimi gli sfor-zi del Dott. Ferracciù perché la scuola sopravviva. Bisognerebbe fare qualcosa per questa scuola, passione di celebri artisti, e che è l’unica del suo genere non solo nel Mezzogiorno, ma dell’Italia e dell’estero.

A proposito di estero, questa nostra scuola e tutto l’artigianato tornese possono correre un serio pericolo. Infatti, secondo una legge degli Alleati, tutte le scuole, le università, ecc. de-vono essere aperte ai loro militari. Ora, se stranieri s’infiltrassero in questa scuola ed ap-prendessero l’arte, che dà pane al popolo torrese, ci sarebbe da subire una concorrenza sui mercati esteri di merce che prima era di nostra esclusività. Il pericolo sembra in parte scon-giurato dall’evoluzione meccanica dei paesi vincitori. D’altra parte, se questa gelosa attitu-dine, tramandata da padre in figlio, venisse ad essere assorbita dalla mano d’opera orientale, l’artigianato torrese sarebbe rovinato. Nessuno ignora, infatti, come gli orientali ci diano dei punti nei lavori di pazienza, ed avendo produzione locale di materia prima, ci subisserebbe-ro con una superconcorrenza alla quale non potremmo assolutamente reggere. Speriamo in bene, però.

Oltre tutto ciò, moltissimi sono ancora gli addentellati morali, economici, materiali a que-sta scuola.
Il direttore Ferracciù fa del suo meglio per tirare avanti decentemente. E se la scuola riesce solo a vivacchiare, non è certamente per colpa sua, e non credo che questa si possa risolle-vare, malgrado sforzi enormi, se qualcuno non si decide a dare una mano.

Vito d’Adamo.

Da “ LA VEDETTA DEL MEZZOGIORNO”, Settimanale di punta. 9 marzo 1947. Direttore responsabile: Fi-lippo Golia. Direzione, Redazione, Amministrazione: Napoli, Via Gemito, 34 – Tel. 18919 – C/c postale 6/20632. Stampa: “L’Arte tipografica”, Via S. Biagio dei Librai 89, Napoli. Autorizzazione Prefettizia n. 2043 del 28.10.1946.
È il mio primo articolo in assoluto. Non so se piangere dalla commozione o per com’è scritto. Diciamo che la voglia di esprimersi e l’ambizione di entrare a far parte dell’estesa famiglia dell’informazione erano irrefrenabili a quell’età. Avevo venti anni, molti grilli per la testa, mi sentivo già in ritardo e mi avventurai a capofitto nel dinamico mondo, che oggi chiamiamo dei media. Era un inizio e bisognava perseverare, no-nostante le difficoltà. Tante.

www.torreomnia.com/Istituto_d'Arte/set_frame_istit%20.htm


ID: 4287  Intervento da: la redazione  - Email: info@torreomnia.it  - Data: martedì 5 settembre 2006 Ore: 22:56

Per il sig. Cuccurullo di Genova che ci ha inviato una e-mail privata forniamo il link da lui richiesto dei filmati girati all'interno della tipografia Mari negli anni 70.
Preghiamo il sig Cuccurullo di scrivere liberamente sul forum.

www.stampatipografica.it/films_generali2/files/tipografia_artigiana%20%20.htm

La redazione


ID: 4281  Intervento da: Amministratore .  - Email: info@torreomnia.com  - Data: martedì 5 settembre 2006 Ore: 14:02

Caro Vito,
sei uno dei pochi torresi (dentro o fuori le mura, non importa) che stai dedicando a Torreomnia il Tuo prezioso tempo con l'Amore-dare e non l'amore-sottrarre che non ha nessuna finalità catartica.

Un vero e proprio canard giornalistico è quello di un presumibile secondo Beato torrese, là dove Tu stai andando avanti con le notizie riguardanti appunto questo sant'uomo vissuto a Torre del Greco e stai certosinamente concretando il Suo curriculum vitae.
Dici che bisognerebbe corredarsi di un buon servizio fotografico sulle località di Torre del Greco e dintorni, ove Fratel Gregorio visse ed operò per ben quaranta anni.
La redazione di Torreomnia farà questo con l'ausilio dei potenti mezzi biologici nella persona del Maresciallo D'urzo che nella sua qualità di tutore dell'ordine ottiene sempre le porte aperte.
Ancora Tu aggiungi "Chissà se telefonando o visitando gli attuali responsabili del Noviziato – o magari la Curia Arcivescovile di Napoli - non si riesca ad ottenere qualche notizia extra, opuscolo, foto, riproduzione di manoscritti, riguardanti il loro confratello. Sistemato organicamente e con qualche giudizio autorevole, l’elaborato finale dovrebbe rivelarsi importante ed utile per gli interessati, tedeschi compresi"!
Siamo in attesa dello scoop. Ma senza impegno eccessivo, faremo quel che possiamo.

Non generalizzo e non faccio riferimento per nessuno in partricolare.
Uno dei peggiori errori comportamentali di noi torresi, caro Vito, è appunto l'intercalare psicologico "avere" in ogni relazione umana. Io mi accorgo quando questo accade sulla mia persona. Ma subito mi prodigo ad espiare con azioni sociali senza lucro.
Il caso Torreomnia, oramai diffuso nel mondo dei torresi, sazia e placa questa carenza. Una volta entrati nel sito quello che si assimila, si impara e si gode su Torre del Greco non ha fine.
"Dare",, significherebbe contribuire, arricchire ed impreziosire "l'archivio nella fattispecie Torreomnia" pubblico, beninteso. Ma spesso accade che il materiale audiovisivo così accanitamente collezionato, per così dire, perderebbe il senso proprietario e la simbologia di feticcio, quindi non sarebbe un dare-donare per amore, ma un "venire sottratto" di sostegni psichici. Le "stampelle del collezionista con pezzi magari univoci".
Dare-donare per amore comunitario significa pure adottare la modalutà moderata, ad esempio, trattenere sì i feticci, ma lanciare un messaggio nel forum, ad esempio, senza pretendere NULLA. Mettere a cimento per altro la propria "seriosità", dato il caso; la propria integrità perbenista e provinciale, se c'è.
Nessuno pretende atteggiamenti volontari sociali o missionari. Ma non bisogna lagnarsi quando passiamo la vita affacciati alla finestra voyeuristica dell' "averere". Se compiamo un gesto o diciamo una frase, o esprimiamo un concetto perché, infondo, disorientati e smottati dalla "coscienza etico-morale è necessario fare prima introspezione.
Non dobbiamo dolerci poi di non ricevere a puntino quello che la nostra megalomania, la nostra egocentricità, la nostra forza atavica del benessere economico (nel caso di chi ce l'ha, come molti anti-sociali, non asociali), non ci consente più di ottenere, come accadeva in passato.
Tu, Vito, dal primo momento hai elargito le cose torresi custodite con amore, non Ti sei solo affacciato nel sito a rovistare e raccogliere e addirittura a protestare se mancano dei puntini sulle i e delle tacchetelle sulle t. Questo Tuo atteggiamento nobile ed altruista verso i torresi, mi ha ispirato queste riflessioni.
Oggi non si vive più nemmeno di queste chimere dell'accumulo univoco o detto modernamente l'inedito. L'uomo sa di possedere una dignità e una ricchezza al di là del benessere economico. Ad esempio un oncia di gioventù (figuriamoci di giovinezzas) vale più del possedimento economico. La solitudine non si vende e nessuno la compra per nulla, almeno in occidente!
Chiunque oggi adotta la metodologia Dare-donare, prima o poi riceve di sicuro. Chi si ostina a saltellare sulle stampelle del possesso, cioè l'intoccabile "avere" allora non si lagni della solitudine e dell'accantonamento, specie quando l'età è avanzata e continua ad avanzare inesorabilmente, perché qualunque cosa faccia o dica è un atteggiamento che vortica intorno al proprio egocentrismo.
Questo sembra un sermone luterkinghiano, un trattatello di retorica da tre soldi. In ultima analisi, però, è meglio tacere, dice il saggio, oppure dire cose migliori del silenzio, è il caso qui di prendere in prestito anche la citazione americana di Angelo Guarino:
"Al mercato quando un compratore protesto’ il prezzo di $5 per un pappagallo che parlava e cantava e $10 per uno che era ammutolito, il venditore disse, si, e‘ vero, per $5 questo parla e canta, ma quest’ altro, per $10, pensa).
Ma pensare senza esprimere il frutto della materia grigia è povertà. E' sicuramente migliore, comunque, una blaterata sul sociale che un cogitare egocetrico. Questo forum si regge su queste fondamenta ideologiche. Parlare, esprimere ed esporsi; ed e Ecco perché molti silenzi sono colpevoli, perché un pensare onanistico è infruttuoso anche e soprattutto per se stessi.
Ma sono anche felice, perché di tanto in tanto, a cospetto di questi pensieri, faccio anche qualche mea culpa apotropatico ed espiatorio.

Luigi Mari




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