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Argomento presente: « DISARMONIA VESUVIANA »
ID: 4199  Discussione: DISARMONIA VESUVIANA

Autore: Luigi Mari  - Email: info@torreomnia.com  - Scritto o aggiornato: mercoledì 23 agosto 2006 Ore: 22:35

Premetto che questi fenomeni non sono totali, ma sono accentuati in quelle aree urbane dove il benessere supera la media nazionale. L’area vesuviana ne è rappresentata dalle città più ricche e quindi con caratteristiche metropolitane più evidenti.
Prima di inviare questo messaggio ho sondato diversi miei compaesani e sembra che il più penalizzato sia l’ “ex capo famiglia” oggi padre declassato.

COME AL SOLITO NON E’ MAI MIA INTENZIONE GENERALIZZARE!

Sto parlando della categoria degli attuali “papà pepe”, che spesso invecchiano con l’unica consolazione di pagare bollette alla posta o fare la spesa. Con tutto l'estremo rispetto che SI DEVE avere per queste persone, spesso instancabili lavoratori. Si tratta inoltre del marito onesto, cioè, che non ha mai trasgredito o tradito. Già abbandonato nel creduto idillio, però, dopo i primi nove mesi di gravidanza. Sopportato perché strumento portatane perde ancor più consistenza con gli acciacchi ed il pensionamento senza contare la coalizione mamma-figli: “un miscuglio di carne ed ossa separate”. Il Partner fornitore di un invisibile, scellerato semino (per altro oggi sostituibile), come se tutto non fosse proprietà e capacità del Padreterno.

Il “papà-pepè” così predica:

Miei cari familiari, moglie e figli, quando vi accorgerete che sta per giungere il mio ultimo momento ricordatevi di questi miei desideri. perché è probabile che non abbia più la forza di parlare:

1) Che almeno per una volta spegnete le luci e la televisione e il computer nelle stanze dove non c'è più nessuno, coscienti che ciò che si economizza significa meno lavoro per i genitori, oppure più risparmi destinati a voi;
2) Che almeno una volta non lasciate le pietanze a cuocere sul fuoco e vi allontanate persino nel parco o a comprare qualcosa in città;
3) Che almeno una volta non lasciate la fontana aperta sulle verdure per lavarle e vi allontanate persino nel parco o a comprare qualcosa in città;
4) Che almeno una volta azionate l'antifurto nell'automobile senza dire mi sono distratto;
5) Che almeno una volta la sera coprite le pietanze in cucina per evitare che gli uccelli vadano a beccarvi nei cibi conducendo infezioni;
6) Che almeno una volta, abitando al piano rialzato chiudete finestre, balconi e veranda prima di andare a letto;
7) Che almeno una volta fate trovare una penna in un punto qualsiasi della casa per poter scrivere un appunto o un numero telefonico improvviso;
8) Che almeno una volta lasciate almeno 10 minuti al giorno il telefono di cara libero;
9) Che almeno una volta lasciare in pace e non disperderli irrimediabilmente, utensili, effetti personali, indumenti degli altri conviventi;
10) Che almeno una volta spegnere la doccia durante le lunghe insaponature;
11) Che almeno una volta lasciate metro, forbici o spillatrice al loro posto;
12) Che almeno una volta mettete la carta igienica nel portarotoli senza considerarla una fatica;
13) Che almeno una volta fate iniziare una festa almeno alle otto e la fate finire all'una;
14) Che almeno una volta riconoscete che il giorno serve per lavorare e la notte per dormire, sempre che conosciate la parola lavorare;
15) Che almeno una volta non dite ai genitori che fanno le bestie da soma "Quelli erano altri tempi";
16) Che almeno una volta non dite ai genitori: "Perché ci avete concepiti?";
17) Che almeno una volta date un aiuto in casa senza crederla un albergo;
18) Che almeno una volta sappiate che i vostri genitori sono fatti di carne ed ossa e che non provano solo gioia, ma anche dolore;
19) Che almeno una volta non premete fino all'ultimo dentifricio, bostic, nastro isolante senza provvedere a ricomprarlo;
20) Che almeno una volta discutete in famiglia senza creare le due fazioni: Padre contro madre-figli, coscienti che se veramente il povero padre non ne imbroccasse mai una sarebbe come fare 13 al totocalcio tutti i giorni;
21) Che almeno una volta la moglie ricordi di aver detto "Si" anche dopo i nove mesi di gravidanza;
ecc., ecc, ecc., ecc.
Dopo di che morirò in pace raggiante con le mani rivolte al cielo convinto che, in fondo, le cose sarebbero pure potute cambiare in tanti anni. Convinto che queste cose desiderate almeno una volta sarebbero potute accadere tutti i giorni FUGGENDO, cioè fregandosene come voi, invece di diventare una lampadina sempre più fioca, fino a fulminarsi.

Tentativo terapico:
Lo sfacelo storico TRA alcune famiglie è divenuto NELLE tali famiglie a causa della DISARMONIA di queste coppie accentuatasi perché la donna vuole riscattare il gregarismo secolare. Così diverse donne moderne adoperano l’arma della disarmonia contro lo storico maschilismo che giunse fino al dopoguerra col padre padrone.

La DISARMONIA DELLA COPPIA aizza i figli fino alla confusione totale: qual è la verità? Chi ha ragione? Se mamma e papà si contraddicono in tutto e per tutto, con chi identificarsi?

ARMONIA, secondo il mito, figlia di Ares, dio della guerra, e Afrodite, dea dell’amore. Secondo il l’ARMONIA è infatti il risultato della contrapposizione delle due cose: BENE e MALE.
La Storia ci insegna che, quanto sia facile porre termini ai momenti di ARMONIA a causa della fragilità di questa, quindi in passato guerre e distruzioni tra famiglie, regioni, nazioni.
Oggi in diversi casi si riscontra il nuovo malessere della guerra interdomestica, quindi non più il tessuto ammalato della vita ma la cellula singola incancrenente, cioè la famiglia.
Il Dio della guerra Ares e la Dea dell’amore Afrodite cioè bene e male vengono assunti vicendevolmente nella coppia di coniugi e ARMONIA forse non rinascerà mai più per risolvere lo storico conflitto?

Luigi Mari

 
 

ID: 4200  Intervento da: Penza Francesco  - Email: francopenza@interfree.it  - Data: mercoledì 23 agosto 2006 Ore: 22:35

Caro Gigi.
questa Tua sofferta proposta di discussione mi ha riportato ai vecchi articoli del mio giornale "Il PenZatore" che pubblicavamo negli anni settanta. Qualcuno potrebbe pensare che Tu abbia dato un senso dispregiativo al coniato "papà-pepè", ma io so che non è così, so che Tu vuoi bene ai "papà-pepé". Io sto fuori discussione per assenza di prole, ma il "papà-pepè" non è un aggettivo, ma un concetto. Non è facile vivere sotto questo diavolo di Vulcano, ma io non ho dubbi che molti mali caratteriali derivino da esso, come Tu hai sempre detto, cioè da quest'ansia atavica della minaccia di morte, che ci trascina cromosomicamente da secoli.
L'articolo che segue, scritto quasi quarant'anni fa da un Luigi Mari quasi imberbe, un gozzaniano scapigliato pallido e spaurito dalle peculiarità dell'ambiente che ci circonddava. Tu già da allora dividevi la donna vesuviana in diversi ruoli: bimba, fanciulla, donna, madre e suocera, là dove ciascuna di esse aveva una porsonalità scissa e diversa a seconda del ruolo-età, non escluso il ruolo deistico-verginale della illibata, ma non camaleontica; ogni ruolo inizia quando il precedente è estinto. Una personalità dalle sette vite, come i gatti. E' satira. non me ne vogliate. Io credo al poeta che diceva "Queste donne impossibili, non si può vivere né con loro né senza di loro"!

Da "Il Penzatore" 1971

Per dare foga ai due articoli che seguono mi sforzai di scriverli con lo stile malapartiano, non solo, ma accentuai la tecnica con quello ancora più regionale, toscaneggiante con cui lo scrittore stese "Maledetti toscani". Il risultato mi entusiasmò. (L.M.)

GIOVENTU' TORRESE AH, CHE BEATA!

Una gioventù, quella torrese, la quale, più che perduta è non già bruciata, ma, come dire, ha preso fumo. E non si pensi, per carità, a giudicare dal "fumo", che il giovane, a Torre, non sia caratterizzato dallo slancio, dall'impetuosità, dall'ardore propri della giovinezza. Non si creda, per amor di Dio, che il torrese, a differenza degli altri giovani contemporanei, non abbia la fierezza di sentirsi figlio. Ché sentirsi figlio, oggi, sia la cosa più imbarazzante del mondo, è cosa vecchia. Ché il problema numero uno dei giovani sia la mania di apparire adulti, più che maturi (prerogativa quest'ultima ostentata dai grandi) è risaputo.
E sentirsi figlio, a Torre, più che sentirsi adulto, significa assumere le vesti di padre, che è un modo molto moderno di essere giovane. Ed è per questo che mai s'è sentito dire che un giovane, uno solo, nella nostra città, sia figlio di papà. Non perché i papà manchino, ma perché i figli, prima che di papà sono di mammà. Al che il maligno non ci venga a dire che l'autorità materna, a Torre, sia un matriarcato.
E cosa ne sarebbe allora del genitore maschio se la madre autorizzasse e il figlio comandasse? E ci scusino gli stranieri se noi torresi teniamo tanto alle nostre cose, specie ai figli, che sono la cosa più nostra del mondo. E se quello scioccone di Freud ci viene a dire che ciò è solo avidità di possesso materno, ci spieghi pure come mai, rispetto al figlio, il marito valga così poco pur essendo una cosa propria?
Ah, quello scioccone di Freud, - borbotta il maligno - che crede di aver risolto i problemi della psiche di tutti. Che venga a Torre, che venga a capire le donne torresi, insieme alle madri, e alle madri delle madri. E mi pigli un colpo se al manicomio non va a finire lui e tutti gli adepti della sua scuola!
Che il giovane, a Torre, abbia un grande valore perché, oltre ad essere figlio solo alla madre, e solo nipote alla nonna, e cosa da antidiluviani. Ed è noto a tutti che le prime clave furono inventate dalle donne torresi, all'età della pietra, per mettere fuori uso la testa dei mariti. Come è pure molto noto che la testa dei mariti funziona sempre al comando della moglie, specie, appunto, quando è fuori uso. ll maschio, a Torre, da giovane, ha un grande valore, si direbbe valga il doppio, appunto perché, una volta sposato, non varrà più nulla. Ed il maligno non dica che sarà solo uno strumento portapane.
E ché, non sapevate che un neonato maschio, a Torre, vale il doppio? Se si crede che abbia voluto dire che il figlio, trattandosi di «peso», lo si vada a comprare, il maligno, che non vuole tacere, non ci venga a dire che, in fondo, è come se lo si andasse a rubare, dal momento che se il maschio resta sparisce l'uomo.
E non a caso si dice, a Torre, che: «E' la donna che fa l'uomo», che e un po' la stessa cosa di dire: '«E' la ragazza che fa il giovane». E ciò, credete, non significa che la ragazza in un certo senso lo concepisca, ma che gli da, sempre in un certo senso, una seconda vita. Noi conosciamo bene la fama che godono i giovani torresi nel mondo come conquistatori per ciò che concerne l'amore.
Noi sappiamo bene che le ragazze, invece, hanno lo sguardo fulminante; che conquistano con gli occhi, se per conquistare s'intende quel modo di accalappiare fatto di moine, e mi guardo bene dal dire: adescatrici. Cio che non mi è chiaro è che, ad accalappiata conclusa (confetti compresi) e i cani non c'entrano qui, non si sa bene se il conquistatore sia li maschio o la femmina.
Perché quando si parla di matrimonio, nella nostra città, bisogna parlare di maschio e femrnina, quasi come per garanzia. Perché, specie in questo caso, l'uomo e la donna non c'entrano proprio.
E mai nessun torrese giovane è stato messo al bando perché non abbia consumato. Certi problemi, grazie a Dio, non ci sfiorano neppure. A noi maschi, s'intende. Perché come fai, caro il mio grullo, a capire se la ragazza, al posto di consumare, non ti consumi soltanto. Ed è fortuna della donna, figlia del demonio, di poterti ingannare perfino con la verità, che sarebbe l'amore.
Ma alle donne torresi, per carità, mai è passato per la testa di ingannare i maschi. Si guardano bene le donne torresi non già dal mettere, ma dall'essere messe al bando che non è la stessa cosa dell'esser messe incinte. Ché se metti al bando un uomo è cosa da nulla ma provati a mettere al bando una donna, vedi che ti succede. E il giovane, a Torre, grazie al Signore, peli sulla lingua non ne ha, forse perché non ha nemmeno le caccole nel naso che non è la stessa cosa di avere la cacca nei pantaloni, prerogativa che, guarda caso, più che dei piccoli, a Torre, è talvolta dei grandi, per non dire dei grossi.
Ed è per questo che i giovani, ancora grazie al cielo, e non alla cacca dei grandi, hanno tutti il complesso. L'insieme strumentale, s'intende. Perché il torrese appunto, animo sensibile, e non ipersensibile, quando si tratta di complessi va per la maggiore.
E ché, non sapevate che i complessi dei torresi sono i piu grossi del mondo?
Non sapevate che un complesso, a Torre, a differenza dei complessi di Roma, di Parigi o di Londra, vale per lo meno il doppio, proprio come i componenti di esso, che sono maschi due volte, questa volta non già grazie al cielo, ne alle nuvole, ma a mammà.
E ditemi se v'è mai capitato di vedere una donna, a Torre, con un complesso, come contrariamente capita di vedere altrove. Ditemi se vi è mai capitato di vedere una ragazza che ragioni con la propria testa e non con quella della madre, per non dire della nonna. E la ragione per cui le ragazze torresi di complessi non ne voglion sentire è perché è loro costume lasciare i complessi ai maschi, prima e dopo il divenire suocere, sebbene il maligno, (più maligno che mai) ci dice che la donna, a Torre, è suocera ancor prima di nascere.
Ah, l'amore, l'amore l'amore, quante cose può fare l'amore, diceva Luigi Tenco, senza sapere, naturalmente che l'amore a Torre, può far tutto. Se parli dei giovani, nella nostra città, non ti succede niente. Ma provati a parlar dei figli. Certamente metti il dito sulla piaga. Che, più che mettere il dito tra moglie e marito, è un mettere il dito soltanto. E non c'è modo più torrese di parlare dei figli che quello di mettere il dito sulla piaga soltanto. E sono proprio i figli, in questo caso, che tengono alto il vessillo dell'integrità del vincolo, non già da giovani o da piccoli, ma da prima di esistere.
E mai s'è sentito dire che, grazie ai figli, un tetto, uno solo sia stato abbandonato, a Torre; né mezzo tetto, né una sola tegola. E chi ci viene a dire che il tetto del torrese, in fondo, sia il cielo, io dirò che si tratta d'un tetto coniugale, il quale, più d'una «campata in aria» è non già un vivere in Paradiso, ma all'inferno, sebbene il maligno ci venga a dire che sia una "campata" e basta. Con ciò non si vuole affatto dire che il matrimonio del torrese sia un inferno, ma che certe cose, dalla donna torrese, religiosa genuina, sono viste giustamente da un profilo peccaminoso, per cui è inevitabile il finire tra le gambe del diavolo, che è un modo molto torrese di sentenziare i peccati.
E non è mia intenzione lasciar intendere che la gioventù, più che perduta o bruciata ha preso fumo per il motivo che, i giovani, più che sentirsi figli si sentono servi, dal momento che ogni rapporto affettivo diretto non sembra altro che un contratto di compravendita. E non sapevate che tra i giovani, a Torre, non ci sono ne servi né padroni? E che nemmeno i servi di Dio si chiaman cosi? Ché noi torresi giovani il Signore lo consideriamo amico e non padrone, ché quando ci va di chiamarlo lo chiamiamo per nome. E i bigotti o i bacchettoni, che sono i maggiori servi (e non s'è capito mai bene se di Dio o dei preti e non sacerdoti che è tutt'altra cosa), tentano di imitare noi giovani, se tentano di chiamare il Signore per nome, si guardino bene della sua ira, che non si placa con i «mea culpa» o con le preghiere «riparatrici» del lunedì. E se il Signore ci permette che lo chiamiamo per nome è perché sa che siamo dei poveri innocenti, che gli scontiamo peccati non commessi, che tra le gambe del diavolo i giovani, a Torre, ci stanno da vivi prima che da morti. E il maligno ci lasci in pace, volendo dire che le gambe del diavolo hanno con le gonnelle di mammà e della nonna qualcosa di pressoché analogo.
E la gioventù, a Torre, non ha preso fumo perché il «diavolo», già dalla nascita, gli ha preso l'anima (non ho detto la personalità), quella è riservata a mammà.. E se si è tentati di dire che per lo stesso motivo i nostri giovani prima di contrarre matrimonio vengono pesati, trattandosi di valere il doppio, io dirò che per la stessa ragione gli stessi giovani alla fine "prendono la bilancia dalla parte del grosso". Ma non per lo stesso motivo, a Torre, i giovani sono tutti uguali, che non è certo la stessa cosa di essere tutti uguali essendo vecchi. E se non si discrimina, specie tra gli adolescenti, il merito non è certo dei vecchi, i quali dettano ai figli non già vecchiaia, ma vecchiezza, che è un modo molto moderno di educare.
E son cose che succedono solo a Torre, che mentre stai a parlare dei giovani ti capita di parlar dei vecchi, che della gioventù vogliono fare cosa propria. E non è il caso di stupirsi di trovare giovani che non parlan da vecchi, ma che sembran vecchi essi stessi. E come suona male da noi il detto: "La gioventù, viene una volta e non torna più".
Si sa che, a Torre, la giovinezza, prima che dopo i quarant'anni, viene dopo i sessant'anni. Ah, la gioventù torrese che l'amore non lo ha ereditato dal genitori o dagli educatori, ma l'ha trovato per terra! E non dite che non sapevate che cercare l'amore per strada sia un modo molto idoneo d'esser moderni. Ché non è la stessa cosa di trovare l'amore in famiglia, che oggi e un po' come, non già cercarla per i vicoli ma l'esser portato per essi. E chi confonde l'amore col piacere si guardi bene dal non confondere l'amore con la felicità, che sono due cose ben distinte dagli adulti, ma non per noi giovani, che sono la stessa cosa, quando per amore s'intende la salute mentale e per la felicità la conquista di essa.
E non sapevate che cercare l'amore per la strada sia un modo molto fortunato d'esser giovani, oggi? Ché si dice di giovani che cerchino l'amore nei circoli chiusi, che il maligno chiama circoli viziosi. Ma il torrese, (che i circoli viziosi li crea solo grazie alle matriarche) lo cerca sotto il sole, per la strada, in piena luce. E il vedere i giovani torresi cercare l'amore per strada, da parte dei bacchettoni ed affini, è non già il considerare estirpati complessi e tabù, ma solo il vederli cercare l'amore sotto la luce, ma una luce artificiale.
E non ci venga a dire il maligno, che i giovani cercano l'amore fuor di casa non potendolo trovare dentro, perché sarebbe come lanciare la calunnia che i giovani torresi soffrano di incomunicabilità, che non già il figlio non sopporti lo sguardo del padre, ma il padre quello del figlio
Ed il problema è certo grosso quando si parla dei torresi, che, grazie alle madri e alle suocere, non si sa mai chi sia il padre, chi il figlio; e forse anche grazie al cielo, perché non dimentichiamolo, la mamma, a Torre, è non già sempre la mamma, ma «l'angelo della casa». E provati a cambiare idea ad un giovane, a Torre, e per il sesso, e per la politica, e per l'arte. Ché se vuoi cambiar la testa a noi torresi fai prima a tagliarla, che non è la stessa cosa di tagliar la testa al toro, perché risolvere un problema, a Torre, è cosa seria. E se tagliar la testa al toro resta difficile quanto tagliar la testa soltanto si finisce, a Torre, giovani e vecchi, col tagliare soltanto.
Ché tagliare o forbiciare, si sa, è gran pregio di noi torresi, che non già tagliamo il nemico, ma l'amico, dove c'è più gusto a tagliare. E provati a girare il capo, a Torre, e provati, mentre sei con i più cari amici, a girare un attimo le spalle. E vedi se non torni a casa con i fondelli rotti.
E non sapevate che i torresi sono gli unici giovani al mondo che sappian distinguere la civiltà dal progresso, naturalmente fino a che non entra in ballo la donna del cuore. Ché se prima la civiltà e il progresso erano dignità e comfort, dopo sposati la civiltà è prendere per i fondelli il prossimo, il progresso è prenderli per il sedere. Il che non è la stessa cosa, dal momento che donna del cuore, civiltà e progresso non vanno mai bene insieme.
Ma sebbene talvolta abbia dato l'impressione di parlar male del miei colleghi (e non vi stupite se, specie a Torre l'essere concittadini sia una professione, perché i rapporti hanno sempre un che di affare) mi preme dire che la gioventù, nella nostra città, è composta da un pugno di gran bravi ragazzi. E quando si dice bravi ragazzi non s'intenda dei fessi, che è un modo d'intender la brava gente molto in voga oggi. Ma guai se venite a rompere le uova nel paniere ai bravi ragazzi. Con le uova rotte vi romperanno i rapporti per sempre. E non c'è legge che possa punire chi rompa il paniere a chi gli vada a rompere le uova.
E ché, non si sapeva che il giovane; a Torre, quando rompe, rompe fino in fondo? Non si sapeva che il giovane, a Torre, paga i peccati e li fa pure pagare? Che non gl'importa se il nemico sia principe, papa o padreterno? E di padreterni, a Torre, credetemi, ce n'è tanti, ma per fortuna non ce n'è di giovani. Per fare il padreterno terreno bisogna esser sposato, e per dirla col maligno, si deve non valere più nulla. E non vi capiti, per carità, d'esser nemico d'un giovane, illudendovi che sia la stessa cosa d'esser nemico d'un vecchio, che è il modo più adatto di far la guerra con «i botti a muro», di cui, certi «nemici», fanno prima o poi la fine.
E se i giovani, grazie ai non giovani, (che dire vecchi li offenderebbe) sono caratterizzati dall'ardore di agire, ma oppressi dalla vecchiezza trasmessa. Il motivo non è da ricercarsi nel fatto che essi, più che figli di papà, o figli di mammà, sono nipoti alla nonna.
Che la gioventù torrese sia bella, è cosa vecchia; che tutti i giovani, a Torre, maschi e femmine siano i più belli del mondo è cosa che risale a quando il creatore, così, a caso, al posto di sgranocchiare noccioline o fare parole incrociate, si mise a creare il torrese. Ma non lo creò bello, anzi lo fece grinzoso, piccolo, rachitico ignorante
E' grazie a mammà che la gioventu torrese, sin dalla Creazione è la più bella del mondo. Che non si provi il Signore, con tutto il rispetto, a ficcare il naso nelle famiglie torresi e pretendere che la sanità, il valore e soprattutto la bellezza dei giovani, che sono soprattutto figli, sia anche merito suo.
Che il Signore, a Torre, ancora con tutto il rispetto, si interessi dei propri figli che son tanti sparsi in tutto il mondo, perché i figli di Dio torresi sono prima figli di mammà.
Ma se il Signore dovesse proprio insistere che fare i figli belli sia solo merito suo allora le mamme finiranno con l'indispettirsi. E non si lagnino i ministri di Dio se le mamme finiscono con il non andare spesso in chiesa e col pregare di meno, dicendo che il Signore da un po' di tempo a questa parte va in giro dicendo che i giovani sono suoi figli più dei vecchi e che di figli vecchi non ha di che farsene, dal momento che gli «attempati» sono solo «servi» di Dio. E provati a toccare un figlio a Torre, e guarda cosa ti capita. Già, che un figlio è figlio fino alla morte. Perché solo dopo la morte gli si da il permesso di vivere dove vuole. E non c'è da stupirsi, a Torre, se è il maschio che dice «torno da mammà». Ché se si prova una femmina di tornare a casa viene presa a calci nel sedere; ché se si prova una femmina a battere in ritirata gli vien rotta la testa e gli vien detto che non sarà mai una mamma degna del propri figli (flgli maschi, s'intende) perché essere madre dì femmine, a Torre, è la cosa più inutile di questo mondo.
Un'altra grossa qualità dei giovani torresi è quella d'esser molto religiosi, e lo dimostra il fatto che teniamo molto ai nostri preti, i preti giovani, s'intende. E non lasciamo che a questi si faccia alcuno scherzo. Né che lo scherzo lo facciano a noi gli altri preti, i non giovani. Ché fare scherzi da prete, a Torre, si sa è da suocera. E quando si parla di suocere, a Torre, sulla piaga più che mettere i dito è come affondare la mano intera. E siccome, generalmente la mano si mette sul fuoco, il maligno è tentato di dire che, dal momento che nessuno ha il coraggio di mettercevela, a parte Scevola, gran parte dell'ardore dei giovani l'abbiano accaparrato le suocere, le quali, più che nonne, sono le madri delle madri (il che è sostanzialmente diverso). E la colpa d'altronde non la si può attribuire a nessuno se questo fuoco, non essendo spento, dalle suocere esca continuamente dalla bocca, dal naso, dalle orecchie a mo' di dinosauro.
A chi mi dirà come mai in un argomento dei giovani si parli tutt'altro che di essi, mi giustifica il fatto che, anche grazie alle suocere, la gioventù ha preso fumo, al che quando si parla di giovani più che parlare al muro che riverbera il suono: è un po' come parlare alle suocere, cioè parlare a vuoto.
E Dio solo sa quanto costi oggi un giovane alla famiglia: la realtà che concretizza il rapporto genitore-figlio. E non bastano le beghe: "Tu mi hai fatto e mi mantieni"; "Tu sei il mio e ti mantengo". Che è la sintesi in parole della tragedia-fenomeno della nuova generazione.
Dov'è da ricercarsi la ragione per cui il torrese non sa né piangere né ridere; il torrese giovane, s'intende, perché l'altro, l'adulto, se non ha neppure più gli occhi per piangere, piange sempre con gli occhi degli altri. E mai s'è visto un giovane a Torre ridere con garbo, con gentllezza, nemmeno per questioni galanti. Egli magari sbotta, sghignazza, ride tra i denti, ma non sorride. Né piange con discrezione con l'amore e la passione che accompagnano il pianto, con l'arte del piangere. E' un piangere, quello del giovane a Torre, che più di un risentirsi, è un rimpiangere, che è un po' come piangere due volte. Forse perché un giorno non piangerà più. O non sarà capace di farlo.
E a chi ci viene a dire che il non saper piangere sia una malattia molto grave gli si dirà che il giovane, o Torre, non sa piangere perché gli hanno messo in testa che un vero uomo non piange mai. E che il pianto, più che la stessa femminilità, è l'arma ancora più efficace della lingua, per le donne.
Una gioventù, quella torrese, credete, che, più che perduta o bruciata, ha preso fumo, grazie a mammà, alla nonna e alla moderna società, che è la suocera di tutti.
1971 Luigi Mari




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