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lunedì 14 novembre 2005 Ore: 14:53
MARIO COSTA IL TORRESE ROFESSORE DI ESTETICA
Mario Costa, Dall'estetica dell'ornamento alla computerart Napoli, Tempo Lungo edizioni, (Vertici, collana di Estetica e Poetiche diretta da Mario Costa, 3), 2000, pp. 206 (64 ill.) Recensione di Vincenzo Cuomo L'autore Mario Costa (Torre del Greco, 1936) è professore di Estetica all'Università di Salerno e di Metodologia della critica all'Università di Napoli (I.U.O). Studioso e interprete delle avanguardie storiche fin dagli anni Sessanta, è, da vent'anni, impegnato nella definizione di un'estetica dei nuovi media e su di essa ha pubblicato numerosi saggi e volumi in Italia e all'estero. Negli ultimi anni sono apparsi in Italia: Della fotografia senza soggetto. Per una teoria dell'oggetto tecnologico, Genova/Milano, 1997; Il sublime tecnologico. Piccolo trattato di estetica della tecnologia, Roma, 1998; L'estetica della comunicazione. Sull'uso estetico della simultaneità a distanza, Roma, 1999; L'estetica dei media. Avanguardie e tecnologia, Roma, 1999. Il libro di Mario Costa sull'estetica dell'ornamento si pone un duplice obiettivo: quello di proporre un'interpretazione dell'essenza dell'ornamento e quello di prospettare l'arte ornamentale come un vero e proprio modello di operatività estetica adeguato al tramonto tecnoscientifico dell'umanismo. L'arte ornamentale è, infatti, un'arte strutturalmente asemantica e desoggettivata, rispetto a cui vengono a cadere le due fondamentali passioni "umane, troppo umane" della "verità" e del "soggetto". L'ornamento è il regno dell'intelletto astratto ma è anche lo splendore della bellezza sensibile. In esso si manifesta l'estraneità dell'umano all'inorganico e la sua oscura pulsione ad esso, e la perfezione matematica dei cristalli si avvicina segretamente all'impulso ordinante dell'intelletto. Il libro persegue i suoi obiettivi muovendosi sia sul piano dell'approfondimento filosofico che su quello della messa in evidenza del processo di ornamentalizzazione rintracciabile nella storia dell'arte pittorica a partire da metà Ottocento. Per quanto riguarda l'analisi filosofica, attraverso una serrata discussione di molte tesi interpretative, da Kant a Herbart, da Semper a Riegl, da Simmel a Gadamer, da Hartmann a Langer, l'autore mostra come l'ornamento non possa essere confuso né con il concetto di cornice (parergon) né con quello (vicino ma ben distinto) di astrazione. La cornice, infatti, ha l'unica funzione di richiamare l'attenzione su un altro-da-sé; l'astrazione è, invece, "una manovra esercitata dal soggetto per ricondurre a sé quello che per vocazione prescinde da esso e lo esclude dal suo essere" (p. 132). L'ornamento, afferma Costa, "è il regno del dominio della forma" (p. 131), o meglio è "regno del rapporto tra le forme" (ibidem). Vi sono varie teorie che possono plausibilmente spiegare l'essenziale dinamica delle forme ornamentali (a tali teorie è dedicato un intero capitolo del libro); resta valido in ogni caso il concetto fondamentale in base al quale "la forma dell'ornamento risulta dalla vocazione alla forma interna al gesto e alla materia uniti assieme; ed è come dire che quella della forma decorativa è un' auto-germinazione e non un sopravvenire dall'esterno" (p. 132). I caratteri fondamentali dell'ornamento sono individuati dall'autore nella ripetizione del motivo e nell'imitazione dell'inorganico. Ed è a partire da tali caratteri che Costa, facendo anche ricorso in maniera intrigante al concetto freudiano di coazione a ripetere, porta a conclusione la sua tesi interpretativa: "nell'ornamento […] l'artista è soltanto la causa efficiente grazie alla quale la logica dell'inorganico si attiva e si mette in opera; esso è pertanto una manifestazione diretta dell'inorganico che si esprime qui attraverso la sua fisiologia logico-formale e attraverso la ripetizione che domina tutto il processo; ma qui, la ripetizione è, appunto, sotto il controllo del 'preconscio', cioè dell'artista che asseconda l'inorganico ma lo restituisce in modo che la 'coazione a ripetere' alla quale pur obbedisce, cessa di svolgere un'azione solamente disgregante e distruttiva, e viene invece vissuta, e poi fruita, in quel tipo di modalità della ripetizione che, come Freud dice, è 'di per sé fonte di piacere'. È da questo punto di vista che l'ornamento può, forse, essere considerato […] una sorta di gioioso memento mori della specie" (pp. 134-135).

A cura di Di Luca Paolo
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