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Argomento presente: « A proposito di "Da Magonza" »
ID: 2501  Discussione: A proposito di "Da Magonza"

Autore: Claude Marzotto  - Email: cmarzotto@hotmail.com  - Scritto o aggiornato: giovedì 22 settembre 2005 Ore: 11:53

Gentile Luigi Mari,
sto leggendo con grande piacere il suo libro "Da Magonza a Torre del Greco":
vi ho trovato tanti chiarimenti - a lungo cercati - circa l'arte tipografica
tradizionale, preziose spiegazioni tecniche e aneddoti storici utili allo
svolgimento del mio progetto di tesi di laurea.
Un'immagine mi ha molto incuriosita: le scatole a cifre componibili, nella
pagina del sito dedicata ai timbri e alla flessografia. Quei caratteri
mobili in gomma somigliano infatti proprio al progetto a cui sto lavorando!
Data la sua la sua passione per le arti grafiche e per la loro divulgazione,
vorrei, se lei è disponibile, descriverle più nel dettaglio la mia idea e
chiederle alcuni consigli.
Grazie di cuore,

Claude Marzotto

 
 

ID: 2580  Intervento da: Claude Marzotto  - Email: cmarzotto@hotmail.com  - Data: giovedì 22 settembre 2005 Ore: 11:53

Carissimo Luigi Mari
la sua ultima mail mi ha fatto riflettere: fare un kit di timbri o una riproduzione più fedele del materiale e dell'uso della cassa tipografica, sul modello dei tipi in legno? Farò un po' di prove sperimentali e me la sbrigherò.
E' proprio perché ormai si fa tutto a computer che voglio costruire questo kit! Le immagini fatte interamente in photoshop finiscono per assomigliarsi un po' tutte, e tanti altri sistemi vanno perduti insieme alle loro inimitabili caratteristiche e alla conoscenza che implicavano - sono una ragazza di 24 anni e anche se ho studiato disegno grafico tutto quello che so di tipografia me lo sono dovuta cercare da sola!
Per esempio quello che più mi piace della composizione manuale, e che assolutamente non vorrei perdere nel kit, sono gli spazi e le interlinee: le parti "invisibili", che sullo schermo semplicemente non esistono (al massimo sono valori numerici) - un vuoto è un oggetto tanto quanto una lettera, non solo la sua assenza: una differenza, credo, fondamentale.

Conosco bene i kit di timbristica componibile, sono ancora abbastanza facili da trovare e ne ho uno piccolino, con il compositoio; però non ne ho mai visti con grandi caratteri ad incastro, di quelli che lei dice erano diffusi negli anni '70. Chi li produceva? Si riescono ancora a trovare? Mi piacerebbe procurarmene uno e studiare com'è fatto. Vede, è un peccato che il computer stermini generazioni di oggetti: chi nasce dopo crede che non siano mai esistiti!

Grazie, a presto
Claude Marzotto


ID: 2520  Intervento da: Amministratore .  - Email: info@torreomnia.com  - Data: venerdì 16 settembre 2005 Ore: 16:45

Mi scusi innanzitutto. Non ho riflettuto su "Claude", pensavo fosse un uomo.

>Buongiorno,
ha ragione, sono stata un po' confusa!
>Sto progettando, per la mia tesi di laurea in Disegno Industriale, una riedizione di caratteri mobili storici da titolo, di grande corpo (150 pt circa), sul modello dei primi display typeface inglesi di Caslon e Figgins degli inizi del XIX secolo: bastoni, egizi, fat face o normanni, e altri a
seguire.

Signora/na,
Fino a questo punto capisco che fa ricerca specifica sulla storia dei vecchi caratteri della tipografia appunto per "tipi", cioè parallelepipedi con l'occhio lettera in cima da accostare per comporre il rigo.

>Chiaramente non si tratta di materiale per tipografi professionisti, ma per studenti e disegnatori che non hanno una bottega attrezzata in cui lavorare:
dev'essere quindi il più semplice possibile!
>Ho pensato, per consentire la stampa con la sola pressione manuale senza bisogno di un torchio, di realizzarli in un materiale morbido piuttosto che in legno o metallo: gomma o fotopolimero? Quali sono le differenze tra i due materiali e quale mi può dare il miglior risultato?

Qui siamo nella dimensione del laboratorio e della sperimentazione. Non si tratta più di uno studio, ma di un artigianato didattico.
Realizzare dei caratteri vuol dire fabbricarli. Riprodurli è un altro fatto, bisogna averner almeno un solo alfabeto. Caratteri di gomma morbida da applicare su fusti di legno si possono riprodurre con la pressa a caldo che oggi si adopera solo per fare timbri di gomma. Altrimenti c'è il metopdo
fotopolimerico dove non c'è bisogna di nessuna serie master, ma di un computer con i suoi fons, qualche lastra di fotopolimero ed una semplice vaschetta di plastica con un pennellino. Chiaramente occorrono le maschere per impressionare il polimero a contatto sotto vetro o sotto vuoto con la
stessa luce delle zanzariere. La pellicola viene sostituita ottimamente dalla carta opaca stampata con una semplicissima laser (Carta mozzarella in gergo, la quale viene annerita con dello spray.
Il polimero più morbido è quello liquido, ma si può realizzare manualmente senza macchine.

>Mi piacerebbe realizzare l'intero carattere mobile in un unico pezzo di gomma, alto quindi almeno 4 cm, ma forse è impossibile.

Lei parla di 4 cm di altezza del fusto della lettere. Esso può essere alto quando si vuole. Ma n on ho capito bene il metodo dell'impatto carta
inchiostro che vorrebbe adoperare. Si va dalla semplice manualità a presse rudimentali autocostruite. Cosa deve fare? Se si tratta di una sperimentazione, come dire, alchemica, e va bene, si può andare anche in giro col pastrano e la bombetta, ma se è il risultato di stampa a basso costo e con minimi termini pratici e economici allora è fuori pista.

>Per quanto riguarda gli inchiostri, vorrei chiederle quali sono quelli adatti alla stampa sui diversi materiali come carta e plastica e se è meglio pensare a un'inchiostratura a tampone, come per i timbri, o a rullo, come in tipografia.

Bisogna sapere cosa vuole realizzare se uno spettacolo o una dimostrazione revival della stampa a caratteri mobili oppure ottenere risultati ottimali con mezzi pratici.

>Non so inoltre in che proporzione assortire i caratteri nella cassetta tipografica: trattandosi di omposizioni brevi come titoli, pensavo a un massimo di 4 multipli per ciascuna lettera... quali sono le lettere di uso più frequente?

Le più frequenti si dicevano lettere di "bassa cassa" le vocali, infatti erano disposti tutti vicini.

>Spero mi vorrà scusare per la valanga di domande!
Grazie infinite,

Claude Marzotto

Affatto, il suo modo frammentario e misterioso di esporre il suo problema è estremamente nteressante, quasi intrigante, poi esposto da una donna è il non plus ultra. Le donne tipografe sono famose solo nell'est europeo.



ID: 2502  Intervento da: Luigi Mari  - Email: info@torreomnia.com  - Data: mercoledì 14 settembre 2005 Ore: 11:36

Esimio,
l'argomento pre questo forum è off-topic, ma facciamo eccezione per una volta. Ti ringrazio per l'apprezzamento. Non ho ben capito le tue esigenze. Ti dispiace essere più chiaro e dettagliato?
Luigi Mari


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