ID: 1575 Discussione: In memoria di S.tore Accardo
Autore:
ciccio raimondo
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cicccioraimondo@libero.it
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Scritto o aggiornato:
domenica 10 aprile 2005 Ore: 15:28
Amici del forum,
questa volta invio uno scritto steso con sentimento sincero. Un "Ricordo" dell'avv. Salvatore Accardo. Per i pochi che non lo sapessero era il Direttore dell'antico Giornale "La Torre".
Era disteso sopra lo stretto divano del suo studio. La mobilia era spostata e ciascun oggetto sembrava non essere allo stesso posto nell'ordine, da me come da altri, conosciuto. Le suppellettili, così spostate, mi diedero l'impressione sgradita di una sorta di smobilitazione. Mi vennero in mente perciò i famosi versi di una celebre canzone:
"Core fatte curaggio, facimmancillo chist' 'u quattro 'e Maggio!".
Gli avevo portato in dono, se ricordo bene, dei pompelmi, delle arance e qualche bottiglia di rosso di mia produzione. Questo tipo di omaggio lui lo aveva sempre apprezzato ponendo l'indice della destra sulla guancia corrispondente e facendo girare la mano nel nostro gesto consueto, infantile, ma tanto espressivo. Quando faceva ciò lo faceva con il volto ammiccante e sorridente.
Eravamo allora contenti assieme e con poca spesa. Ora il suo volto era emaciato con i segni inequivocabili del male. Non si accorse subito della mia presenza, era intento a guardare, tenendolo vicinissimo al viso, un oggettino di corallo, due piccoli pendoli che io pensavo fossero degli orecchini. Con lenti e incerti movimenti rinchiuse poi l'oggetto nel suo astuccio di stoffa. Allora mi guardò ed i suoi occhi ebbero un momento di luce che subito si spense. Era visibilmente stanco.
I rumori, e le voci di altre persone che si agitavano intorno, fecero da sfondo a questo nostro incontro che sarebbe stato l'ultimo. La busta del catetere attaccata alla cannula di plastica si intravedeva da sotto alla piccola coperta che lo copriva dando il senso dell'umana condizione di ciascuno quando si trova a lottare con il male fisico. Mi venne di pensare che il male fisico è visibile, è materialmente tangibile, quello morale, quello psicologico, è pur sempre visibile ma per intravederlo bisogna essere un poco più attenti, bisogna avere una maggiore sensibilità. Mi venne di ricordare altre persone care. Con il ricordo un'emozione e una tenerezza filiale mi pervase. Mi accostai a lui per stringergli le deboli mani. Il mio gesto affettuoso e le parole di incoraggiamento furono gradite.
La sua voce debolissima a stento arrivava alle mie orecchie ed allora riprese l'astuccio che aveva appoggiato da qualche parte e me lo porse. Non riuscivo a capire che cosa volesse farne. Allora fece un gesto con la mano come per dire: tienitelo. Me lo volete dare? A me? Con uno sguardo dolce ed affettuoso annuì. Ed io lo ringraziai con parole e con qualche battuta gettata li quasi a coprire l'emozione del gesto. Silenti ci fissammo per qualche tempo.
Tutt'intorno le voci ed il trambusto continuavano. Improvvisamente fu preso da una crisi di pianto. Quel tipo di pianto io lo conosco bene. E' quello di chi è ben cosciente di essere prossimo alla fine. E' un pianto disperato a cui nessuno può dare rimedio. Fu allora che mi avvicinai di nuovo a lui e per calmarlo mi venne spontaneo afferrargli delicatamente il volto tra le mani e baciargli la fronte ripetendogli: Non abbiate paura, avvocato, facciamo la volontà del Signore.
Nel lasciarlo così rinfrancato, tra il vocio ed il cicaleccio di chi gli stava intorno, gli promisi che sarei ritornato a trovarlo più spesso. E lo avrei fatto. Ma poi fu trasferito a Napoli.
A questo proposito voglio qui, infine, ricordare la circostanza nella quale l'avv., molti anni fa, mi meravigliò piacevolmente quando in uno dei nostri colloqui ricordò il filosofo Bento Spinoza citando con convinzione, trovandomi pienamente d'accordo, un suo precetto che è quello che recita: Comprendere e perdonare! Amen.
Francesco Raimondo