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Argomento presente: « CORALLO CRISI NELLA CRISI A TORRE »
ID: 11925  Discussione: CORALLO CRISI NELLA CRISI A TORRE

Autore: Veronica Mari  - Email: veronicamari@libero.it  - Scritto o aggiornato: lunedì 28 settembre 2009 Ore: 19:47


 
 

ID: 11940  Intervento da: camillo scala  - Email: doncamillo57@libero.it  - Data: lunedì 28 settembre 2009 Ore: 19:47

Torre del Greco. La città capitale mondiale del corallo
“In merito all’ipotesi di inserire il corallo nelle liste Cites per limitarne la pesca, l’amministrazione comunale è particolarmente vicina agli operatori torresi. Anzi, condivide pianamente le ansie e le scelte future affinché vengano concretamente protetti sia l’ecosistema del Mediterraneo sia il lavoro di tantissimi prestigiosi imprenditori, eccezionali artisti e straordinari artigiani. Così Ciro Borriello, sindaco di Torre del Greco. “Certo nessuno mai si sognerebbe di svuotare i mari dell’oro rosso – prosegue - e su questo siamo tutti d’accordo. La questione ci riporta alla mente le cave di Carrara. Solo per un attimo pensiamo se si fossero chiuse: non avremmo mai conosciuto le meraviglie di Michelangelo e di tanti altri artisti. Eppure a Carrara dalla preistoria si estrae il prezioso marmo”. “Ed allora – conclude Borriello - non sarebbe meglio organizzare campagne di pesca sotto lo stretto controllo delle autorità avendo attenzione anche alla conservazione di una risorsa che non è certo in estinzione? Tra l’altro, un ulteriore irrigidimento della regolamentazione del commercio della pesca del Corallium Rubrum rappresenterebbe di sicuro la cancellazione di una imprenditoria con tradizioni secolari. Una ipotesi assolutamente da scongiurare e non solo per l’economia torrese. In proposito, mi piace riportare quanto mi ha riferito il dottore Gennaro Russo, un esperto che per un decennio ha operato nel settore della pesca subacquea del corallo nel Mediterraneo”: “Torre del Greco capitale mondiale del corallo! Tale affermazione risultava vera fino agli anni 70 del secolo scorso. La vera ricchezza della città non era dovuta, a quanto si pensa erroneamente, all’artigianato ed alla lavorazione dell’oro rosso bensì alla pesca. I grandi volumi di prodotto grezzo pescato nel Mediterraneo rappresentavano la materia prima per un indotto composto, oltre che da centinaia di imprese operanti nel settore, da tante micro imprese familiari che presso le loro stesse residenze eseguivano piccole fasi di lavorazione (bucatura, incisione e infilatura). Per secoli dal porto di Torre del Greco, in tarda primavera, partivano decine di coralline dirette ai banchi della Sardegna, della Corsica, di Alboran, delle coste nordafricane, della Sicilia provvedendo al fabbisogno di materia prima dell’indotto ed immettendo nell’economia locale una enorme ricchezza. La proibizione della pesca con l’ingegno intervenuta negli anni 70 ha ridotto i volumi del pescato di circa l’80% con pesanti conseguenze sui livelli occupazionali: sono state completamente cancellate le categorie degli armatori corallari e dei pescatori imbarcati sulle coralline; sono intervenuti forti ridimensionamenti del settore della lavorazione e dell’artigianato per mancanza di materia prima. Dalla fine degli anni sessanta si è sviluppato un nuovo sistema di pesca con l’utilizzo di subacquei. Tale sistema, oltre che fornire volumi ridotti di pescato, ha comportato la perdita di decine di vite umane a causa di incidenti di immersione. Altro limite della pesca subacquea è rappresentato dalla profondità di immersione che, in ogni caso, non può andare oltre i 100/120 metri. Tutti i giacimenti oltre tale profondità risultano intatti da più di 30 anni. Attualmente, a parte le attività di qualche sparuto manipolo di pescatori presenti in Corsica e Sardegna, non vi sono campagne di pesca in tutto il Mediterraneo. L’ultima campagna di pesca considerevole si è svolta sulle coste nordafricane dal 1980 al 1997 quando il governo Algerino chiudeva definitivamente la pesca. Oggi sui banchi di Tabarka ed El Kala in Algeria pescano con il sistema dell’ingegno circa 100 imbarcazioni, spesso privi di autorizzazione. La commercializzazione è nelle mani di organizzazioni mafiose locali e la quasi totalità del pescato viene esportata illegalmente in Tunisia e successivamente in India e Cina. Dalla chiusura delle pesca in Algeria, l’indotto torrese ha subito un ulteriore grave colpo: gli ultimi piccoli laboratori che resistevano hanno dovuto chiudere i battenti; non esistono più i micro laboratori familiari. Quella di Torre del Greco capitale mondiale del corallo è diventata una visione romantica. La realtà attuale è ben diversa. Sono poche, ovviamente prestigiose e importantissime, le imprese rimaste attive: quelle che hanno saputo riconvertirsi o quelle che hanno avuto la lungimiranza di operare grossi investimenti nello stoccaggio di materia prima. Attualmente noti giacimenti nel Mediterraneo sono in: Algeria: Banchi di El Kala, Hannaba, Tenesse, Cherchell, Jigel, Orano; Marocco; Tunisia: Tabarka, La Galitte; Albania; Corsica; Sardegna; Sicilia; Spagna: Costa Brava, Baleari e Alboran”. COMUNICATO


ID: 11939  Intervento da: la redazione  - Email: info@torreomnia.it  - Data: domenica 27 settembre 2009 Ore: 14:43




ID: 11928  Intervento da: la redazione  - Email: info@torreomnia.it  - Data: sabato 26 settembre 2009 Ore: 15:06



ID: 11927  Intervento da: Serena Mari  - Email: sery_mari@hotmail.com  - Data: sabato 26 settembre 2009 Ore: 14:58



ID: 11926  Intervento da: camillo scala  - Email: doncamillo57@libero.it  - Data: sabato 26 settembre 2009 Ore: 14:40

Corallo, 120 delegati da tutto il mondo in visita ad aziende e laboratori
ANIELLO SAMMARCO Torre del Greco. Una giornata nella città del corallo. Gli ospiti del workshop internazionale che si sta svolgendo alla Parthenope di Napoli e dedicato all’oro rosso, hanno trascorso il pomeriggio di ieri a Torre del Greco, alla scoperta dei segreti di una lavorazione che ha reso i maestri torresi unici al mondo. I 110 ospiti, in rappresentanza di 20 nazioni del «Red coral science, management and trade: Lessons from Mediterranean» si sono recati prima nella sede della scuola artigiani Emiddio Mele in via Calastro, poi hanno fatto visita al laboratorio di Antonio De Simone e all’azienda Orlando. Prima tappa gli ex Molini meridionali Marzoli, dove da anni vengono formati i giovani artigiani da avviare poi al mondo del lavoro sfruttando le radici della storia e dell’economia locale che in quetsi ultimi anni ha avuto un nuovo grande impulso anche grazie al sostegno della Banca di Credito Popolare che anche attraverso mostre a carattere internazionale sta contribuendo in maniera massiccia a diffondere la cultura e la passione per l’oro rosso nel mondo. Oggi, attorno all’oro rosso si gioca una partita importante: da una parte gli Stati Uniti che spingono affinché il corallo venga inserito nella lista Cites, quella che regolamenta il commercio internazionale delle specie a rischio estinzione; dall’altra l’Italia e gli altri paesi del Mediterraneo, che invece sostengono che il corallo non possa essere considerata specie a rischio. Di mezzo due documenti che gli esperti giunti a Napoli da ogni parte del mondo sono pronti a firmare, uno di carattere scientifico, l’altro più legato al management: «Se per quello di carattere scientifico - dice Sergio Rossi Heras, esperto spagnolo - le posizioni sembrano essere delineate, il secondo mostra ancora delle leggere divisioni, che però si ritiene di superare prima della fine dei lavori». Ieri agli esperti delle 20 nazioni intervenute e anche ai responsabili della Fao (schierata con l’Italia nella battaglia contro gli Usa), oltre a quelli dei ministeri degli Esteri e dell’Ambiente - che hanno promosso i lavori - i giovani artigiani della Emiddio Mele hanno mostrato le diverse fasi della lavorazione, anche con corallo pescato nel Pacifico. A tenere banco però è stato sempre l’argomento Cites: «Nessuno mette in discussione la necessità di porre delle regole - ha aggiunto Mauro Ascione - e su questo Italia e Stati Uniti sono concordi. Noi però riteniamo che serva una regolamentazione dell’uso sostenibile, che abbia al centro la gestione della risorsa attraverso la ricerca». Ed ecco spuntare un modello: «Quello della legge regionale della Sardegna - ha detto Giorgio Bavestrello, biologo dell’università di Ancona - che pone dei divieti per la pesca su superfici inferiori agli 80 metri, contingenta le licenze e prevede una limitazione giornaliera». «Guardando oltre il Mediterraneo - ha proseguito Rossi Heras - bisogna sottolineare che conosciamo poco e niente dei metodi di pesca a strascico adottati da Giappone e Taiwan, metodi che studiosi più bravi di noi hanno seccamente bocciato». E la politica nazionale? «Abbiamo avviato - ha detto l’onorevole Paolo Russo, promotore di un disegno di legge - un’indagine conoscitiva, che mira a coinvolgere quante più realtà possibili su un bene considerato estremamente importante per il nostro Paese, con punte di eccellenza come Torre del Greco».www.ilmattino.it


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