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Argomento presente: « La gastronomia antica torrese »
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ID: 1183  Discussione: La gastronomia antica torrese

Autore: Salvatore Argenziano  - Email: salvatore.argenziano@fastwebnet.it  - Scritto o aggiornato: mercoledì 20 giugno 2007 Ore: 18:04

Amici carissimi del Forum di Torreomnia,
mi piacerebbe proporre un altro argomento da sommare alle centinaia che attualmente hanno invaso il Forum ma vorrei premettere due parole.
Questo Forum mi interessa molto ma solo quando gli argomenti riguardano il nostro paese, TORRE DEL GRECO. Lascio ad altri le discussioni sui problemi sociologici-filosofici-teocratici-politici-logici-comportamentali-psicoanalitici-esistenziali-planetari e poi mi fermo, e così le polemiche di chi interviene dall’alto della sua presunzione di conoscenza per dare giudizi su interventi e intervenuti. Mi limito a non partecipare.

Nel passato sono stati aperti diversi capitoli relativi a Torre.
LA MEDICINA DI TORRE ANTICA, LA STORIA DI TORRE, I MODI DI DIRE TORRESI, A LENGA TURRESE, L’ARCHEOSPELEOLOGIA TORRESE ECC. Tutti argomenti di mio interesse per desiderio di apprendere, arricchire le mie conoscenze e non per sciorinare la mia limitatissima erudizione. Ma questi argomenti sono stati sopraffatti da altre discussioni a valanga. Per questo motivo esito nel proporre un analogo spunto di discussione.
Lo faccio lo stesso, con la speranza di non essere subissato dagli improperi di chi non la pensa come me, dalle freudiane considerazioni di chi a tutti i costi vuole capire chi sono o chi sono stato, dalle diarree scrittorie di chi non riesce a focalizzare un argomento e rispondere a tono oppure, come si diceva al mio paese, se ne va pî trapulelle.

Mi faccio coraggio e vi propongo LA GASTRONOMIA ANTICA TORRESE.
Spero di non leggere trattati gastroenterici a partire da Apicio, passando per Cavalcanti per finire con Vissani.
Spero solo di leggere di antiche usanze e piatti semplici, magari dimenticati, come A CIQUITTA, U CAZZANNIATO, U PIATTO ‘I RECAPITO, U CUONZOLO e di tanti altri di cui mi resta solo il ricordo.
In attesa di risentirvi su questo argomento e su tutti quegli altri di cui sopra che mi piacerebbe tornassero in prima pagina, un saluto per tutti.
Salvatore

 
 
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ID: 6077  Intervento da: Serena Mari  - Email: sery_mari@hotmail.com  - Data: martedì 19 giugno 2007 Ore: 23:01

Grazie Arturo per averci ricordato uno dei più bei lavori dell'Ing. Argenziano. Attualmente sta lavorando sulla versione pdf dell'opera, dove la parte A e la parte B è stata già integrata nella versione web completa.

www.torreomnia.it/gastronomia/argenziano_gastronomia/A.A.A_indice.htm

Qui trovi altre opere di Salvatore Argenziano e la moglie Gianna De Filippis

www.torreomnia.it/forum/leggi.asp?id=5769

Serena Mari


ID: 6073  Intervento da: Arturo Borriello  - Email: borrielloarturo@supereva.it  - Data: martedì 19 giugno 2007 Ore: 14:57

Ho pescato per caso questa sezione che mi ha invogliato a visitare l'area Gastronimia di Torreomnia. Il lavoro dell'ing. Argenziano è davvero superbo e interessante. Complimenti. Invito gli amici lettori che volesse visitare la sezione vadino nell'indice generale ed entrino in "Gastronomia".

Una buona forchetta


ID: 1522  Intervento da: Luigi Mari  - Email: info@torreomnia.com  - Data: giovedì 31 marzo 2005 Ore: 16:10

IL CULTO GASTROENTERICO DEI TORRESI

L'ingresso di Ciro Di Cristo nel forum mi ha riportato indietro nel tempo. Pure questa volta ho rispolverato un articolo dell'80.

Esuberanza, azione, fremito eruttano dall'animo come reciticcio, a mo' di materiale eruttivo. A questo gaudio spirituale si associa una spiccata tendenza alla concezione epicurea della vita. Questo spiega il pluralismo di una catena di piccoli ristoranti dalle falde del Vesuvio, giù giù lungo tutta la Litoranea, purtroppo devastata dall'urbanistica di fattura demagogica della mia Torre del Greco, e poi di nuovo su verso le pendici a sud-ovest del Vulcano, sulle abbarbicate pinete di Boscotrecase e Boscoreale di prischiano ricordo.
Nessun popolo al mondo sublima il banchetto nuziale come quello Vesuviano. Il tripudio della gente semplice si manifesta in quelle lunghe ore di abbandono epicureo dove il luculliano e bazzecola; dove le crisi bulimiche quali smodate voracità d'affetti, si materializzano nella crapula e nel cioncare. Agape mistica, orgia dionisiaca e Convivio dantesco sono tutt'uno. Al culto gastroenterico nessun circumvesuviano è dissidente, neppure l'intellettuale di grido. Anzi. L'alfabeto immortala su partecipazioni, annunci ed inviti la legittimità caratteriale partenopea dell'appagamento mistico, spirituale e metabolico.
Documenti che simboleggiano il tripudio delle feste delle unioni (anche se un po' precarie, dopo); delle nascite (anche se non tutte legittime); e purtroppo delle estinzioni, la cui liceità è inopinabile, tranne, talvolta, durante le consultazioni elettorali... E a proposito della morte, l'alfabeto è lo strumento che più di tutti da l'idea dell'immortalità dello spirito umano. All'ombra del Vesuvio, però, malgrado la scoperta del thanatos freudiano, la morte viene sempre esorcizzata sotto un travestimento faceto. In quei centri vesuviani con un reddito (sperequato) superiore alla media nazionale, la morte è una trovata da propaganda religiosa, è, cioè, il sonno quando si è scocciato di ridestarsi. Torre del Greco è in declivio alle falde del Vesuvio prospicienti il Tirreno. Essa è compresa da nord a sud tra Ercolano e Pompei e da est ad ovest dal cratere al cimitero, sul mare. Ho dato priorità al camposanto rispetto la costa perché la cittadina ha una positura geografica, come dire, necrostorica, non già a causa delle ecatombe degli stermini vesuviani, ma perché il mio popolo è uno dei pochi a custodire così bene la concezione egittologa del trapasso, sebbene qualcuno si ostini a guardare i cimiteri come materia promozionale relativa alla propaganda religiosa: un reiterare costante, in pratica, del memento mori. «Sono di più le scese o le sagliute?» farfugliò un marmocchio col viso impiastricciato di cippa e di moccio, affacciato all'uscio della mia bottega di Via Purgatorio. Il moccioso sciolse una smorfia di gaudio quando io gli risposi che non vi era differenza fra i due dati topografici.
«Ce sta 'na scesa 'e cchiù - bofonchiò quegli - chella d' 'o cimitero, quanno 'a scinne nun 'a saglie cchiù». Il vesuviano è pigro con la lettura, così propenso all'evasione, pressato da un ritmo di vita sempre più frenetico, quindi malproprio alla lettura e alla sua prerogativa: la concentrazione. Questi nuovi avvenimenti hanno ottenebrato non solo il fascino del prodotto delle stamperie, ma la stessa forza espressiva del pensiero combinato in parole attraverso l'alfabeto, uno dei maggiori strumenti capaci di stimolare e fertilizzare la fantasia. Il processo di stimolazione mentale della trasfigurazione artistica ha mutato i canoni compositivi nella pittura, nella letteratura e nelle arti applicate ad esse affini. L'ambiguità del reale è conforme al mistero della vita e della morte, quindi all'insoluto esistenziale più intenso. Le pulsioni sessuali, ad esempio, vengono alimentate dal «celato» o, meglio ancora dall'immaginato, in molti casi. Le culture planetarie di stampo religioso, dal canto loro, hanno allenato l'uomo per millenni ad atteggiamenti comportamentali scaturiti dalle speculaziori teosofiche, dove i composti lasciavano spaziare la fantasia con trasognamenti, speranze, illusioni, delizie, meccanismi intellettivi che impegnavano la mente e spesso conciliavano il sonno. In ultima analisi: sognare, di giorno e di notte.
1980 Luigi Mari



ID: 1289  Intervento da: Luigi Mari  - Email: info@torreomnia.com  - Data: giovedì 3 marzo 2005 Ore: 17:42

Sempre sotto correzione di Salvatore Argenziano, lo storico della gastronomia torrese.

Lello scamardella ha preso gusto a diffondere le sue ricette. Afferma che questa ricetta del casatiello è un suo segreto, ma che svela volentieri per gli amici del forum.

Scamardella Onofrio, detto Lello dagli amici, è nato il 14 giugno 1949 nel modesto quartiere - mi dice - di S. Giuseppe alle Paludi. Vedi la sua pagina in Torreomnia.

www.torreomnia.com/gastronomia/pasticceria/scamardella/scamardella.htm

Vi invito a visitare un'altra sezione della gastronomia artistica torrese. Monumenti, oggetti, persone, quadri, gioielli, ecc. Tutti fatti con pandispagna, crema e zucchero. ECCEZIONALE.

www.torreomnia.com/gastronomia/fulgente/set_fra_fulgente.htm

Lello dice che un CASATIELLO così non l'avete mai mangiato!

Ingredienti: 600g di farina,
50g lievito di birra,
225g di sugna, pecorino e parmigiano grattugiati,
100g di salame napoletano,
150g di provolone semipiccante,
6 uova, sale, pepe nero in abbondanza.

Intridete la farina con 50g di sugna, il lievito, il sale e tanta acqua tiepida, fino ad ottenere una pasta piuttosto morbida, che lavorerete per almeno una decina di minuti (oppure mettete tutti gli ingredienti nell’impastatrice, che viene anche meglio e si risparmia un sacco di fatica). Mettete a lievitare la pasta in un luogo tiepido, in una terrina coperta da un panno.
Quando la pasta sarà ben cresciuta, dopo circa un’ora e mezza, mettetela sul tavolo, sgonfiatela con le mani e stendetela fino allo spessore di un cm. A questo punto spalmatela con un po’ di sugna e cospargetela con il pepe e i formaggi grattugiati, piegate in 2 la pasta, ungetela di nuovo e ripiegatela, ripetendo questa operazione finchè avrete sugna. (Prendete un pezzetto di pasta grande quanto un panino e mettetelo DA parte). Con l’ultima spalmata di sugna aggiungete il salame ed il provolone tagliato a dadini ed arrotolate la pasta formando un bastone che sistemerete in un ruoto col buco, unto e infarinato, unendolo alle estremità. Lasciatelo lievitare per almeno 3 ore.
Quando il casatiello sarà lievitato, sistematevi sopra le uova crude, col guscio ben lavato, con la punta rivolta verso il centro dello stampo; con la pasta tenuta DA parte formate 12 bastoncini grossi come dei grissini, che sistemerete a croce sulle uova per fissarle alla pasta.
Infornatelo in forno quasi tiepido e fatelo cuocere mantenendo 180° per almeno un’ora o fino a che sarà ben colorito e se ne sentirà il profumo per tutta la casa. Si può lucidare la superficie con un uovo, ma non è obbligatorio, anche se viene più bello.
Si seve accompagnato a ricotta salata, fave fresche (crude) e salame, come antipasto.

Luigi buona forchetta


ID: 1260  Intervento da: Aniello Langella  - Email: aniello.langella@tiscali.it  - Data: lunedì 28 febbraio 2005 Ore: 16:17

ho spostato la tua ricetta nel libricino di Pina ( mia moglie ) ma se l'oggetto di cui si parla non sarà buono come si dice,... mia moglie promette vendetta.
A proposito di GASTRONOMIA TORRESE e di DONNE VESUVIANE ... mia moglie anche se non partecipa a questo forum , vive anche lei degli umori che viaggiano nell'etere. Commenta , approfondisce e suggerisce.
Aniello


ID: 1247  Intervento da: Luigi Mari  - Email: info@torreomnia.com  - Data: domenica 27 febbraio 2005 Ore: 19:09

Buona sera agli amici.
Oggi pomeriggio ho visto il mio cane Sonnie in deliquio nella pattumiera, tra carne, pesce e prelibatezze. Subito ho pensato alla mia infanzia.
Da piccolo mi hanno abbuffato di pane e puparuoli, pane e mmulignane e pane e friarielli. Quando c'erano. Il dopoguerra era duro per tutti. Allora non si parlava di "Gastronomia torrese, ma di "Sopravvivenza gastronomica torrese", almeno per i meno fortunati, che eravamo la massa.
Per anni sono stato apprendista nella Tipografia Palomba, brava gente. Signori. Allora, però, gli apprendistati erano eterni. Eravamo una folla di ragazzi. Ora gli apprendistati durano sei mesi, le botteghe sono vuote, ma le strade sono piene di giovani tossicodipententi.
Guarda caso Palomba stava: "dopo" l'Ospizio. La mia bottega ora sta "prima" dell'Ospizio. La mia vita si è svolta prima e dopo la vecchiaia. Negletta, tapina e meschina, un'orchestra con un solo suonatore la mia bottega.
La mia famiglia era povera, mio padre era figlio di braccianti dell'agro-nocerino-sarnese. Mia madre e mia zia, torresi, si vantavano, è vero, di aver passeggiato per Torre col cappellino, ma la morte prematura di mio nonno Gabriele li mandò sul lastrico.
Tutti i mezzogiorno mangiavo alternativamente i tre ortaggi nel pane, raramente le zucchine alla scapece. Quando c'era carne era una festa. I dolci? erano una cosa americana, la vedevamo al cinema. Spesso la sera la mia cena era pane e pane, come quello dello “zappatore”.
Ma oggi c'è ancora chi mangia pane e peperoni, pane e friarielli, pane e melenzane? In fondo erano così buoni, anzi, alcuni pomeriggi chiedevo il bis e li mangiavo fuori il balcone con le gambine sfoderate dai pantaloni corti che dondolavano pendoloni fuori la balaustra.
Vi consiglio col cuore di procurarvi un lingotto d'oro. Tutti i trenta lingotti, in edizione economica, costano un paio di euro in libreria. Sulle bancarelle, l'edizione clonata di Giuseppe Marotta costa un euro e mezzo.
Leggete il capitolo "Pane con sale e olio". Una mezza dozzina delle più belle pagine della letteratura napoletana del secolo scorso. Una santificazione del cibo, quando non c'era; che solo le menti dei tre secoli di senilità, come quelli presenti in casa del Dott. Langella possono ricordare.
Dopo aver letto l' "Oro di Napoli" sono certo che metterete innanzi alle vostre dispense a ai vostri frigoriferi stracolmi una candela votiva, perché mai nessun prodotto della terra ha avuto frase più adatta di ben “di Dio", come il cibo.
Luigi Mari


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