Rivista Marittima - Flavio Russo - L'oro rosso di Torre - Pag. 48

Le nuove potenzialità 

            La sensibile riduzione delle coralline italiane operanti sulle coste algerine era la conseguenza della politica francese che tendeva a favorire una sorta di sfruttamento mono­polistico dei banchi.Un altra sensibile riduzione si produsse intorno al 1866 per effetto della guerra che prelevando molti giovani comportò un ampio disarmo delle coralline, rovinando il settore per un quadriennio. Subentrò quindi una serie di limitazioni, per cui: "...dopo l'emanazione dei provvedimenti restrittivi sulla pesca e sul cabotagio adotatti in Algeria in ossequio alla politica di assimilazione e al principio della naturalizzazione dell'elemento straniero, una parte dei pescatori italiani volse la sua attività verso le più libere coste tunisine. Nel 1888, le barche adibite alla pesca nelle sole acque di Tabarca sostiuitasi a La Calle salirono da una quarantina a 184, aumentando a 232 nell'anno successivo, a 335 nel 1890 e a 386 nel 1891..." (129). Va osservato che sebbene le cifre si riferiscano alla pesca in genere, quella del corallo fu senza dubbio la più rappresentata. La frequentazione però negli anni successivi, per l'impoverirsi dei banchi e la conseguente contrazione degli utili, iniziò rapidamente a scemare. Nel 1898 si contarono appena 6 coralline alla Cala ed una sola ad Algeri con complessivi 63 uomini di equipaggio.
 
            Giocava, tuttavia, un secondo fortissimo incentivo all'abbandono della acque nordafricane. Nei pressi di Sciacca, a circa 30 miglia la largo, nel maggio del 1875 fu scoperto un ricchissimo banco. Negli anni immediatamente successivi altri ancora se ne individuarono, sempre di inusitata abbondanza. Da un punto di vista strettamente biologico non si trattava di banchi propriamente detti, in quanto il corallo rinvenutovi non era 'vivo' ma sedimentato in strati di ragguardevole potenza e  vastità. Una sorta quindi di giacimento minerario, di alcune miglia di lunghezza ed altrettante di larghezza: immensa la quantità conservata. Per dare una sia pur vaga idea della quantità così accumulatasi basti pensare che in circa una trentina di anni di sfruttamento il fondale su cui giacevano i banchi si abbassò di quasi una ventina di me­tri,e nel solo ventennio 1883-1912 ben 4.662 tonnellate di grezzo vennero portate in  superficie! Nessuna meraviglia perciò se: "...le coste del'Algeria furono abbandonate, non ostante le seduzioni [tardive n.d.a.] del governo francese, e a poco alla volta furono abbandonate anche tutte le coste d'Italia, comprese quelle della Sardegna...Da allora in poi, soprattutto per i pescatori di Torre del Greco, si può dire che i banchi di Sciacca furono la meta unica delle campagne di pesca.
             Ma la scoperta dei banchi di Sciacca, ebbe però... una influenza non buona su quelle che erano le qualità migliori dei nostri corallini torresi, quando si cimentavano alla pesca sui veri banchi di corallo. La pesca sui banchi di Sciacca, pesca come si è detto relativamente facile, li disavezzò dalle rudi e pazienti fatiche della pesca sui veri banchi, li rese quasi pigri e poco desiderosi di tornare ai vecchi banchi o di cercarne di nuovi sulle nostre coste: e se vi andarono, non ebbero più in generale quella pazienza e quella abilità che avevano i loro padri di sfruttare gli scogli coralliferi... [per cui] non saprebbero forse persuadersi di tornare a pescare ora su banchi di ben più difficile sfruttamento..." (130).
                Da un punto di vista statistico nel medesimo scorcio storico la Camera di Commercio ed Arti di Napoli registrava una pesca annuale di kg.15.000 nei mari nordafricani, di kg.10.500 in quelli di Corsica e di kg. 25.500 in quelli esteri. In Torre del Greco operavano ben 40 fabbriche per la valorizzazione del corallo, con circa 3.200 operai addetti, per lo più presso le proprie abitazioni, per la stragrande maggioranza donne. Quanto al corallo lavorato appena il 5-6% si smerciava in Italia.
 
            Allo scadere del secolo a Torre del Greco nel settore si assiste ad una sorta di inversione rispetto al suo avvio: la lavorazione ormai affermatasi pienamente si affranca dalla languente pesca, procacciandosi autonomamente e nei lontani mercati d'oriente il greggio di cui ha bisogno. Con il '900 la tendenza subì un vigoroso incremento, per cui: "...da allora, il corallo giapponese è andato sempre più diffondendosi e ad esso si è sempre rivolto l'interesse maggiore della nostra industria. Esso, infatti, pel prevalere delle tinte rosee, meglio si presta all'estetica ed ai gusti delle razze bionde e meglio risponde per la sua grandezza e le sue fogge, al naturale mutar dei gusti e della moda ed alle esigenze di consumatori più ricchi e raffinati. Il nuovo prodotto nipponico dette infatti in Torre del Greco straordinario impulso alla lavorazione ed all'esportazione di ogni sorta di ornamenti di corallo, dalle semplici collane ai più ricchi monili artisticamente incisi..." (131).
              Superata la parentesi delle due guerre mondiali che inflissero all'attività della pesca del corallo gravissime decurtazioni, intorno agli anni '50 se ne riprese la pratica. Le imbarcazioni fortemente ridotte nel numero trovarono una crescente concorrenza nei pescatori subacquei, senza peraltro che il concomitante apporto si confermasse mai sufficiente per la domanda.