Anno I
n. 2 - giugno 2001 

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Dal buio alla luce
di Filippo Di Carluccio

 

Specchi rotti
e lanterne magiche

Il mondo della follia
a cinema ed in televisione

di Giuseppe d’Aquino

Con questo numero del nostro giornale, apriamo questa nuova rubrica sul modo con cui viene rappresentata dai media la sofferenza mentale. Molti brani, spunti teorici e schede filmiche sono tratti dal libro dallo stesso titolo di cui siamo coautori.
         La follia
 dell’immagine

                    ovvero
"Fino alla fine   del mondo"

N
el film "Fino alla fine del mondo" Wim Wenders fantastica sull’evoluzione del nostro rapporto con le immagini. Una fantasia ‘vicina’, dato che l’anno di produzione del film è il 1990 e la vicenda si svolge nell’arco di tempo che va dal 1999 al 2002.
Fantasia nemmeno tanto improbabile data la sovrabbondanza di immagini che ci accompagna e ci avvolge durante la giornata, impensabile solo dieci anni fa.
Film d’amore, di fantasia e road movie "Fino alla fine del mondo" racconta del nostro possibile futuro con le immagini, sospeso tra utopia e narcisismo, creatività e follia.
La prima parte, infatti, propone la realizzazione di un sogno antico dell’’uomo: ridare sensazioni visive ai ciechi; ciò avverrebbe mediante l’uso di un computer capace di trasformare le immagini in flussi cerebrali riproducibili poi nella mente di non vedenti.
La seconda parte prefigura invece la pericolosa intrusione delle immagini nella mente per un procedimento opposto a quello descritto nella prima parte: creare immagini dai flussi cerebrali. In questo modo è possibile registrare i sogni, i ricordi e poi guardarli su un monitor: i protagonisti si perdono nelle proprie "immagini interiori" e diventano assolutamente incapaci di mantenere un benché minimo contatto con la realtà.
Essi rimangono imbrigliati nella rete narcisistica dei propri sogni, fantasie, ricordi e desideri in un processo psicotico di auto-contemplazione: è la follia.
Le vie di uscita, le terapie possibili sono due: fare un’esperienza "correttiva" oppure costruire, ricostruire la propria storia.
E’ quanto faranno i due protagonisti del film, salvandosi. Lui, andando a vivere con aborigeni australiani, completamente immuni dalle suggestioni delle proprie immagini interiori, adorate come sacre. Lei, leggendo la propria vita così come viene narrata dal marito scrittore.
In altri termini si può guarire o sostituendo, correggendo, rimuovendo le ‘immagini’ con una esperienza ‘altra’ oppure traducendole in linguaggio verbale/digitale.
Questo film ci è parso una perfetta esemplificazione del rapporto tra mondo dell’immagine e malattia mentale.                          
(continua)

Correva l’anno di grazia 2000, l’anno del Giubileo ed in Italia ed in tutto il mondo si festeggiava quest’avvenimento che per l’usanza religiosa si compie ogni venticinque anni. Il mio cuore era colmo d’amarezza, perché il 17 giugno del corrente anno persi mia madre, la quale era sofferente da ben sei anni, colpita nel 1994 da enfisema polmonare, cecità e negli ultimi mesi da demenza senile. Avrei voluto darle la mia vita, come me l’aveva data lei mettendomi al mondo e mi sentivo impotente di fronte al male che inesorabilmente la devastava. Piangevo molto frequentemente, ma a lei nascondevo il mio dolore e le lacrime, e cercavo di starle vicino quanto più potevo, usando anche un po’ toni forti per spronarla ad accettare la cecità e le altre infermità, che il Signore le aveva dato per metterla alla prova. Come avrei voluta abbracciarla e piangere sulla sua spalla, ma non potevo, perché dovevo essere forte per lei. Quando è spirata parte del mio cuore è andato via con lei. Ricordo che

da bambino l’ho fatta disperare, ma lei aveva sempre una buona parola per me e sapeva rendermi felice con un sorriso. Ora sono rimasto con mia sorella Anna e mio nipote Fabio, che non sono delle perle di persone. Mia sorella ha detto a tutto il vicinato che io ero in fase terminale di AIDS e mi ha cacciato da casa.  pianerottolo e cercavo l’aiuto di qualcuno. La meschina di mia sorella aveva detto a tutti di lasciarmi morire da solo, ma alcuni vicini mi hanno rifocillato e la sera stessa mi sono ricoverato all’ospedale Maresca di Torre ho  trovato tanta competenza nei medici dell’ospedale e tanto affetto da parte loro nei miei confronti. Mi hanno sottoposto a diverse analisi tra cui quella della ricerca dell’HIV della quale risulto negativo. Tutti i medici sono stati felici e mi hanno abbracciato di cuore ed hanno festeggiato con me la bella notizia. Fin quando avrò vita non dimenticherò mai la controversia dei miei anche se li ho perdonati, ma i volti dei medici e degli infermieri dell’ospedale Maresca, resteranno stampati nel mio cuore per tutta la vita.

La mia
vita
.
Sono un ragazzo molto sfortunato, perché ho perso un fratello che si chiamava Giuseppe. Ringrazio i medici della Salute Mentale di Torre del Greco, che mi vogliono molto bene. Spero che prenderò questa pensione e che mi farò una famiglia.
Sento molto la mancanza di babbo: mio padre è pensionato, invalido civile ed è di Ercolano. Ho una zia invalida. Voglio molto bene a mio fratello
Giovanni, che viene a Natale e mi porterà un sacco di cose belle. Vorrei che mio fratello Michele mi venisse a trovare.
Io soffro da quando sono piccolo con il sistema nervoso, perché mia madre quando era giovane fu chiusa in manicomio.
Saluti a Padre Samuele ed un saluto a tutti voi. Bacioni, perché vi amo tutti. Ciao!

                                                                             Ciro Cefariello