La Torre di Bassano e le sue sorelle - Pag. 4


 

 

,Torre del Greco:
Torre di Scassata

 

 


alla torre per assicurare meglio la scoperta, la difesa, il dominio. Questi sono i caratteri costanti e comuni a tutte le torri della spiaggia, specialmente richiesti dall’Ayala nel decennio, salvo qualche divario nel più o nel meno, secondo le circostanze particolari".
Dalle stringate righe del celebre autore, si sono desunte alcune considerazioni che purtroppo, per l’apparente sensatezza, per la reputazione del redattore e per l’analogia della pianta quadrata sono assurte al rango di altrettanti postulati nella successiva sterminata pubblicistica specializzata, presupponente peraltro l’equiparazione funzionale di tutte le tipologie di torri costiere quadrilatere. Tra queste il criterio dell’orientamento, inevitabilmente rivolto con uno spigolo verso il mare per deviare, o almeno attutire, gli eventuali impatti dell’artiglieria navale. Prescindendo dallo scarsissimo riscontro pratico, essendo rare le torri cosi impiantate, e soprattutto le coste rettilinee dove siffatta opzione riesce verificabile agevolmente, va ribadito, e lo abbiamo in più occasioni evidenziato, che il cannoneggiarle non rientrava nella procedura d’attacco corsaro. Se, infatti, le torri adottarono lo sparo dei petrieri per segnalare agli abitati limitrofi il rischio di sbarchi, significa che l’atterraggio avveniva di prammatica nel più assoluto silenzio. E’ incredibile un’azione insidiosa avviata nel frastuono delle cannonate! Ed i corsari, perfettamente consci della metodica, almeno fino all’adozione dei vascelli tondi, non imbarcavano quasi artiglierie, inutili anche negli abbordaggi potendo con inopinati tiri compromettere la preda. Inoltre affinché si fosse verificata la presunta deviazione sarebbe stato indispensabile, supponendo il battello incursore del tipo della galera, che sostasse immobile, con i suoi piccoli pezzi di corsia (180) in asse con la diagonale passante per lo spigolo della torre, posizione di combattimento particolarmente infelice e rischiosa, esponendo in tal modo tutti i banchi di voga alle traiettorie del controtiro costiero. Se invece si fosse trattato di un vascello, con ponte di batteria, avrebbe dovuto cullarsi, sempre immobile, con la bordata perpendicolare alla medesima diagonale, esponendo a sua volta l’intera fiancata al fuoco della torre. Disponendo, notoriamente, le torri di un identico armamento navale, per ovvia conseguenza, cosi operando l’imbarcazione, qualunque fosse stata, si sarebbe offerta ferma ed inerme al tiro di controbatteria terrestre. Quest’ultimo, sebbene meno nutrito per il minor numero di pezzi, ostentava per la stabilita del supporto - ed anche questo era notorio su tutti i mari - precisioni di tiro assolutamente inconfrontabili con quello di bordo, afflitto dalle oscillazioni del mezzo. Ed un colpo messo a segno sulla parete di una torre, di circa 3 m. di spessore, ne avrebbe graffiato l’intonaco mentre il contrario si sarebbe potuto risolvere, per quanto a suo tempo precisato, con la perdita dell’unità o, nella migliore delle circostanze, con il suo grave danneggiamento. E comunque sempre con l’abbandono dell’incursione. Del resto ad eccezione di quella risicatissima posizione, improba da mantenere persino volontariamente per l’intera durata di un duello balistico a causa dei venti e delle correnti marine, uno scarto di pochi gradi appena avrebbe vanificato la prestazione dello spigolo.
Discorso sostanzialmente analogo per la scarpa basamentale. Pur vantando evidenti affinità architettoniche con quella sempre presente in ogni fortificazione dal tardo medioevo, non può ricondursi alla medesima esigenza di attutire con la sua obliquità la violenza degli impatti balistici. In verità la scarpa compare già nelle fortificazioni protostoriche per neutralizzare gli urti dell’ariete. Divenne desueta in

epoca romana grazie all’efficacia del tiro difensivo delle artiglierie neurobalistiche che non consentivano un facile approccio alle mura, protette per giunta da grandi fossati.
Nel caso delle torri, inoltre, oltre alla desuetudine del cannoneggiamento navale, va evidenziato che l’identica scarpa si riscontra pure in quelle piccole di matrice gentilizia sicuramente non strutturate contro investimenti d’artiglieria.
Per giunta la scarpa è presente ancora in torri costiere impiantate a rilevante quota sul mare, sul cui estradosso i tiri comunque avrebbero impattato obliquamente. La ragione perciò fu del tutto diversa e forse duplice: statica e bellica. Per la prima tornava positivo diminuire la pressione unitaria del manufatto sul terreno ampliandone la base, specie laddove come appunto lungo le coste sabbiose ed acquitrinose, il suolo di natura alluvionale non garantiva la necessaria resistenza. Senza contare poi che una siffatta soluzione contrastava meglio le sollecitazioni dinamiche impresse dallo sparo delle artiglierie alla volta di copertura, tendendo a sfiancarla. Si precisava al riguardo che:

"... e necessario... le dette mura... ingrossarle et farci le lamie con volta in modo che possi sostenere un pezzo d’artiglieria...

Si mirava, perciò, a rendere le pareti perimetrali delle torri equivalenti a pesanti contrafforti non diversamente dai muri di contenimento, anch’essi dotati di pari inclinazione: del resto dovevano sopportare anche la spinta del materiale di riempimento con cui se ne colmava lo spessore. La scarpatura delle torri vicereali napoletane, forse per accentuarne ulteriormente i vantaggi, fu estesa a tutta l’altezza della costruzione, a differenza di ogni realizzazione antecedente od anche coeva, dando alle stesse l’inconfondibile connotazione volumetrica tronco piramidale, con ostentazione di greve robustezza. Gli angoli d’abbattimento degli estradossi risultano, pertanto, rigidamente vincolati entro una ristretta escursione fra il 10 ed il 5% (183). La preoccupazione non sembri infondata in quanto edificare lungo le marine del Regno, implicava adottare qualsiasi materiale reperibile localmente in discreta quantità per le enormi cubature delle torri. Ciò costrinse in fase di progetto ad un indispensabile surdimensionamento strutturale al fine di compensare le diverse portate delle innumerevoli ’opere’ murarie. Grazie a tale precauzione ci sono pervenute torri erette con mattoni, con pietre da taglio, con blocchetti di tufo, con ciottoli fluviali, con scheggioni di lava vulcanica, con frammenti di trachite e persino con conci di spoglio di antichissime costruzioni limitrofe, tutte con le medesime ed inconfondibili connotazioni architettoniche. Era abbastanza sensato, quindi, il ricorso alla scarpatura continua per accrescere il controbilanciamento alle spinte dinamiche delle volte a botte, in particolare di quella della piazza. Per contenere ulteriormente i temuti ’sfiancamenti’ quando la torre richiedeva due o più volte, corrispondenti ad altrettanti piani, vennero girate ortogonali fra loro, in modo di non impegnare la medesima coppia di muri. Ma si ravvisa ancora una seconda e forse più pregnante motivazione a favore della scarpatura insita nella esigenza di discostare dalla base della torre eventuali aggressori, rendendone le sagome ben distinte ed impedendone l’altrimenti inevitabile defilamento. Facili bersagli, in definitiva, per i pezzi caricati a mitraglia o a pallettoni, quali i mortaretti, i petrieri, le spingarde e gli archibugioni da posta, armi difensive di cui ogni torre disponeva. E’, infatti, scontato che quegli ordigni riuscivano a tirare in depressione,

 

 


 

Marina di Camerota:
Torre del Poggio. 
Pur essendo di chiara matrice normanna ostenta
la base scarpata.