Profilo opere

La narrativa torrese
di Clelia Sorrentino

Un prolifico narratore torrese, (dieci libri nell'ultimo decennio), per riscoprire, confrontarsi, sognare, trasgredire; quindi il deliquio della catarsi. Mille risvolti di una sensualità sacrale senza nomi né volti, quasi mai appagata perché mai interiormente ben definita, trascendente e carnale insieme come l'antitesi-uomo, cioè la sua perpetua contraddizione, nell'ansima dell'insoluto esistenziale, con le conseguenti reazioni, diversificate e contrapposte, ancor più grevi nella plaga vesuviana, dall'annichilimento mistico alla criminalità.
Così nell'eterno femminino auto-descritto scaturisce il virtuosismo letterario dell'autrice, partendo dall'ambiguità narrativa di stile, in una prosa ora esplicita e pacata, ora rutilante di sprazzi, ora mesta tra pause tecniche ed interruzioni fino ai telegrafismi e alle omissioni di maniera, tutto però fuso e cucito in un solo contesto narrativo che sfiora ma evade sia l'oleografico che il decadentistico, sia il neorealistico che l'avanguardia; coerente alla costante sensuale, l'autrice, ma fedele ad un pudore etico di stampo partenopeo, che mai sfora nella passionalità di un André Gide o nello sventramento erotico di un Henry Miller della dilogia dei Tropici.

Clelia esalta è sottolinea la trasfigurazione e il trasognamento, il vago e il diafano lirico, concretizzandoli nei dualismi: pregio e difetto, equilibrio e nevrosi, gioia e dolore dei suoi personaggi campani, tutto dipanato dalla consapevolezza inconscia o manifesta dell'universale destino di mortali. Coscienza spesso scongiurata con esplosioni pirotecniche dell'umore, talvolta presa dall'ansia collettiva di custodire e difendere la vita-attimo e riporla in un covo uterino di fortuna, assumendo per abitudine, giocoforza, l'unica panacea: il caratteriale collettivo tradizionale stesso della "razza" vesuviana. Napoletanità, però, inquinata dall'ingerenza delle attuali problematiche epocali pregne di edonismo e pragmatismo, ritratte una per una nelle pareti domestiche delle case vesuviane, nell'entità individuale, nella solitudine del benessere materiale totale che mai appaga, negli incrinati, squallidi rapporti interdomestici, nelle lotte fraterne, ai piedi del dio-danaro, nell' asservimento al potere e nelle connivenze sistematicamente consolidate in tutto il tessuto sociale, talvolta fino al clero.
Essenze, risvolti, immagini, mutamenti dell'animo non attingibili nei testi triti e ritriti di storiografia, archeologia, filologia ed esegesi nella fervente quanto opaca "Torre del Greco cattolicissima".
                                                    Luigi Mari