Da: Prime Rime

AL CAMPANILE DEL MIO PAESE

Non perché sette orrende volte scese
l'ardente a' piedi tuoi flutto de 'l monte,
- e tu mirasti con non vile fronte
il patrio lutto, incolume, e le offese -

né perché, quando un nòvo, a l'orizzonte,
di libertà giulivo sole ascese,
sì come un alleluia, il tuo s'intese
grida vendicator de le lung'onte;*

io t'amo o campanil de 'l mio paese;
ma perché un giorno, poi che a gli anni vana-
mente un alloro e un'anima cercai;

tu, non oblivioso, tu cortese
la fine de 'l mio sogno annunzierai
co 'l mesto accento che par voce umana
.
                                              Giugno 1898

 

A GIACOMO LEOPARDI

                  che a Torre del Greco scrisse
                 Il tramonto della luna e La ginestra

E tu venisti a l'arida pianura,
cui ancor riguarda minaccioso e bieco
il monte; ed era il tuo dolore teco
e la seguace inesorabil cura.

E ti fu caro contemplar la pura
pallida luna declinare, e greco
dolce poeta, la tristissim'eco
de 'l pianto di tutta la natura

effondere ne 'l canto. - O, per l'alpestre
ruvido piano ancora risognanti
il divin carme, tacite ginestre,

o solo a voi gelosamente incomba
schiudere ogni anno i petali odoranti
a la degna di fior pietosa tomba! -
                                          Giugno1898

SOGNO D'UN POMERIGGIO DI MAGGIO

Io sogno i pioppi altissimi, le foglie
giovani, cuoriformi tremolanti
pensosamente a 'l vento, come assidui
- deh! quali ?- sogni l'anima cullanti.

E via pe 'l vasto ciel, nera fantasima,
passa una nube sovra 'l sole, immane, e
'l verde fa più smorto: ed ecco, incombono
a l'anima le visioni strane,

malate, sì come viole anemiche,
languide. O le viole da 'l sottile
profumo che le svela in mezzo a l'eriche
alte! - Ricordi, amor, lo scorso aprile?

A la fontana da 'l zampillo argenteo,
tenue, la rondinella venne a bere,
- oh quante viole! - e a 'l risonar dolcissimo
de 'l bacio non spiegò l'ali leggiere!

Or tutto è nero il cielo. Sovra l'ebano
interminato splendono, infinite,
o a lungo amata, le stelluccie candite,
ch'ora non ami più, le margherite.

Sento l'odore delle rose roride
per la rugiada. Avvinte in tortuose
ghirlande immense, o chi le porta?-O pallide,
o sanguigne, o soavi, o nostre rose!-

Chi mai cantò le rose? Chi, sacrilego,
osò cantar le rose? Io le cantai,
io le cantai fiorite su le guancie,
che or più non ne hanno, di colei che amai.

Or vedo un pioppo solo, che le foglie
giovani, cuoriformi oscilla a '1 vento,
e scuote il capo, quasi miserandomi
questo fosco mio vaneggiamento.

Fosco, poich'ella è morta. Fra le tremule
cere rivedo la tradita morta.
- Tanto m'amavi?- E ancora, ancora giungono
rose e viole, a fasci. Chi le porta?

Io vo' dormir con le tue mani gelide,
esangui intorno a 'l collo, su 'l tuo seno,
avvolto ne lo stesso manto funebre,
di candite infinite stelle pieno.

Io dormo: e di tra 'l sonno dolce, o povera
morta, ti bacio e ti accarezzo il viso
niveo e le chiome e gli occhi - ah schiudi i fulgidi
occhi! - e la bocca che non ha sorriso.

Ricordi? A 'l fonte da 'l zampillo argenteo
venne la lieta rondinella a bere,
-oh quante rose allor! e ancor ne giungono!-
e a 'l bacio non spiegò l'ali leggiere!

Non mi ami più? Perdonami, perdonami,
o a lungo amata, o povera mia morta!
Chi ha detto:- è invano?- E ancora, ancora giungono
rose e viole, a fasci. Chi le porta?

Il cielo è tutto nero. Il pioppo tremula
le nòve foglie, il mio balcone ombrando.
O il triste sogno!- Ne la coppa muoiono
i fior che l'altra mi ha donati... Quando?
                                           
Maggio 1898