Talvolta la favola assume l'aspetto di un vero e
proprio mimo (I, 15) o di una barzelletta
verseggiata (II, 2; II, 33.
A contatto con la materia dell'esistenza, l'intelligenza poetica di
Mazza ne coglie il carattere aleatorio, ingannevole, infido e nello
stesso tempo il possibile riscatto sul piano del sorriso o della
malinconia, che, come avviene, finiscono col mescolarsi e darsi ragione
a vicenda.
L'uomo, in lotta ora con la fortuna avversa, ora con la sua stupidità, a
volte recupera da sé un insospettato margine di saggezza; a volte,
invece, è l'autore che lo contempla da un lembo di coscienza al limite
fra coinvolgimento e distacco, rassegnazione e compassione. Può accadere
che l'inesorabile durezza del destino affiori in forme disincantate e
agghiaccianti (si veda come sono trattati i temi della miseria spinta
all'estremo stento in I, 3 e quello della morte in
I, 8 e I, 14).
La povertà, il dolore, la morte sono i temi dei grandi scrittori di
favole, perché la fantasia prende il suo volo dal terreno del
pessimismo.
Alcuni temi prediletti, di antica ascendenza nella cultura popolare,
concorrono a dare sostanza ai due libri: la "satira del villano" (I,
2; forse I, 7; I, 11;
I, 12; II, 2; II, 3)
e la misogenia con |
particolare riguardo alle mogli (I,
5; I, 15; II, 9;
II, 15; in I, 4) fa
eccezione il personaggio silenzioso, appena tratteggiato, della moglie,
investita di umana pietà sottintesa. Si riscontrano accenni alla
tradizione satirica che topicamente investe l'avarizia (I, 9; I, 10), la follia (II, 13), la
medicina (II, 10).
Mazza non cerca di nascondere simpatia e pietà, né cerca di ostentarle
raggiunge un notevole vertice poetico nell'evocare un clima di delicata
umanità, lasciando semplicemente parlare i fatti, in II,17).
Nel giudizio morale evita sempre i toni eccessivamente severi ed
aspri, tranne - significativamente - in un caso, allorché affronta il
tema della libertà civile e della ribellione al tiranno (II, 16).
Riesce
a creare figure memorabili (non c'è favola senza memorabilità): fra
queste, la "uxor" di I, 15, "periclo maior", "invictissima", vero
monumento alla caparbietà femminile, alla donna che spinge il difetto
all'eroismo, attirandosi paradossale ammirazione.
La sua autentica vena è quella che i tedeschi chiamano Lust zu
fabulieren ("Il piacere del narrare").
Il senso dell'essere si compendia nel racconto.
Biagio Scognamiglio. |