Pubescit armis ecce cohors: avet
arma, arma! Dantur siqua Deus iubet:
en pugnat ardens, en ad alta
astra tonans: àlalà! triumphat.
Maiora vati, Musa, canenti ades!
Christus redivit pectora fortium
mulcere, cum sancta redivit
relligione fides pudorque.
In
sede regnat romulea Petrus,
sceptroque Regis Vindicis annuit:
e Vaticano, e regis aula
usque triumphat et alma Roma.
A
restituto Fasce decennium
fastorum inivit vix iubar italum,
unius et servata nostra
res ope fata manet serena.
Vere
innovato non secus atque sol
fovet benignis arva teporibus,
somno excitat terram, rigentis
dissipat atque hiemis pruinas,
donatus unus dux Iove ab optimo
lucem et calorem rebus in omnibus
infundit: illi fata cedunt,
incipit et novus ordo rerum.
Vidi
loquentis pro patria Ducis,
paterni ut ignes, lumina, mallei
micantia, et vidi levando
uda alieno eadem dolore; |
Ecco,
si fa la coorte giovane in armi: brama
armi, armi! Gliele danno se lo comanda un dio:
ecco, combatte ardente, ecco, trionfa levando
fino agli alti astri, come un tuono, l'alalà.
Musa, tu assisti il vate che canta cose sì alte!
Cristo è tornato a carezzare gli animi
dei valorosi, con la santa religione
son tornati Fede e Pudore.
Nella sede di Romolo regna Pietro
e annuisce allo scettro del Re Vindice:
dal Vaticano, dalla Reggia
è tutto un trionfo dell'alma Roma.
Dal
fascio risorto è appena un decennio
che inizia la corona degli itali fasti,
e la nazione nostra salvata dall'aiuto
di uno solo serena attende i fati.
Come
al ritorno della primavera il sole
riscalda i campi col buon tepore,
desta la terra dal sonno, la rigida
brina invernale dissipa,
così
il solo duce donato dall'ottimo Giove
luce e calore in ogni cosa
infonde: gli cedono i fati
e comincia un'éra nuova.
Io
ho visto al duce che parlava per la patria
gli occhi come il fuoco del paterno maglio
luccicare, e glieli ho visti, nel sollevare
l'altrui dolore, umidi; |