della lingua, ma a lingue in estinzione>.(11).
La ripresa del dialetto come "lingua della poesia" è fenomeno che
caratterizza gli anni Sessanta/settanta, ma è presente, sia pure con
modalità diverse, anche negli anni Venti/Trenta, proprio cioè negli anni
in cui Mazza opta decisamente per il latino. Perché Mazza non sceglie il
dialetto? Probabilmente perché il dialetto napoletano (che nella vita
quotidiana usa con compiaciuta insistenza) è ancora troppo "lingua della
realtà", non ancora "lingua morta", per essere sentito come "lingua
della poesia" in alternativa all'italiano. E poi perché le concomitanti
ragioni oggettive e soggettive cui prima si accennava - si ricordi tra
l'altro la polemica antidialettale del fascismo - lo spingono
decisamente in una direzione opposta al dialetto, verso un tono alto
lontanissimo dal quotidiano. Il latino, certo, ben più che il dialetto,
poteva corrispondere a questa esigenza di "sublime". E se pure talora -
come nei Fabularum libri, che attingono ampiamente al patrimonio
delle tradizioni popolari napoletane - il latino di Mazza "traduce" il
dialetto e sembra mimarne la cadenza e collocarsi sul suo stesso
orizzonte, inevitabilmente però introduce al tempo stesso un effetto di
allontanamento e di straniamento.
Proprio perché Mazza approda al latino per effetto di una scelta così
assoluta e perentoria, |
non per sfida o per curiosità, egli non
sente alcun bisogno di ostentare
virtuosismi tecnici o di misurarsi con ardue difficoltà espressive; e, a
differenza di altri, non sceglie a bella posta temi modernissimi e
lontanissimi dall'antico, quali, per fare qualche esempio, la caldaia a
vapore, la bicicletta, il gas, il telegrafo, le uova al tegamino o il
caffè...(12); ma neppure segue, in questo, il
Pascoli, così incline ad annullare le differenze storiche e culturali
che separano il presente dal passato, dissolvendo tutto "nella
regressione antistoristica al lontano e al diverso, nella abolizione
magica delle distanze".(l3). Tranne che in
Retina e in Sirenes, Mazza non indulge alla regressione o
all'abolizione delle distanze: il tempo privilegiato della sua poesia è
decisamente e chiaramente il presente.
L'uso del latino non provoca traumatiche rotture nell'immaginario
poetico di Mazza: nei suoi carmi latini, come e addirittura ancor più
che nelle sue poesie in lingua, c'è sempre una precisa caratterizzazione
spaziale, la cui inequivocabile "napoletanità" è come suggellata
dall'immagine, così ricorrente ed emblematica, del divus Vesevus.
Anche l'interesse per il "popolare" (che nelle Prime rime
trovava espressione nelle ballate, originali o tradotte) e il gusto
ironico, giocoso o apertamente umoristico sono aspetti della produzione
in lingua che permangono e anzi |