Che cosa può aver indotto Mazza a questa scelta? Probabilmente le ragioni sono più d'una, e concomitanti. E' innegabile, per esempio, l'influenza della retorica del regime fascista e della sua reboante esaltazione della "romanità" (retorica e miti a cui Mazza pagherà lo scotto con i momenti ideologicamente e poeticamente più bassi della sua produzione latina: basti citare Italia renata). Non bisogna dimenticare, poi, che tali sollecitazioni 'esterne' trovano un terreno fertile nella solida formazione umanistica di Mazza e nella sua straordinaria padronanza della lingua latina. Ancora più importante è da sottolineare una significativa coincidenza: in quello stesso 1927 c'è, per merito di Amedeo Maiuri, la ripresa degli scavi di Ercolano, avvenimento che la stampa dell'epoca segue con comprensibile entusiasmo (è opportuno ricordare che proprio la distruzione di Ercolano è il tema del poemetto Retina, e che sul frontespizio dei vari poemetti premiati e stampati ad Amsterdam, Mazza si farà indicare come Ioannes Mazza Herculanensis) (1).
Non è possibile tacere, infine, della suggestione certamente esercitata su Mazza dai Carmina di Pascoli, nati dalla nostalgia di una lingua morta, dal desiderio di 'poetare in una lingua non più atta al commercio'
(2), nella convinzione che la poesia ha bisogno di parole "estranee all'uso presente" (3) e che in fin dei conti "la lingua della

poesia è sempre una lingua morta"(4). Mazza probabilmente condivide questa nostalgia spesso avvertibile in Pascoli, "la nostalgia di una lingua già registrata in qualche luogo ideale ma sottratta all'uso quotidiano"(5), che Contini acutamente coglie rileggendo un passo famoso della poesia Addio!, dove il poeta ascolta i discorsi che le rondini fanno tra loro, parlando nella loro "lingua di gitane, /una lingua che più non si sa", dunque una lingua morta (6) .
Ma queste motivazioni, pur importanti e plausibili, non sarebbero a nostro parere sufficienti a spiegare l'abbandono definitivo della poesia in lingua e la scelta esclusiva del latino, se non fossero collegate alla crisi cui prima si accennava.
Bisogna aggiungere che in questa crisi si colgono i riflessi di una crisi più generale, che concerne il ruolo degli intellettuali in una società industrializzata e di massa: è noto che in tale contesto anche la figura sociale del poeta subisce, già negli ultimi decenni dell'Ottocento, un forte declassamento, che provoca la baudelairiana "perdita dell'aureola" e lo fa ritrovare d'un tratto senza più privilegi e carisma, anonimo e confuso tra la folla, autore di un prodotto che ha perduto esso pure la sua "aura" (Benjamin).
Il ricorso al latino come "lingua della poesia"