Borvin

Vincenzo Borrelli
Il pittore cromorealista

Il tornese BORVIN alias Vincenzo Borrelli ha un'incommensurabile, sfrenata, incontenibile passione per l'arte pittorica. Assolutistica e prioritaria domina la sua mente anche nel sonno. E nemmeno in questa sede è tentato dagli astrattismi perché il suo genere è di un figurativo esasperato, fotografico, dove non si può bluffare. Non essendo critico d'arte etichettato mi limiterò a tracciarne il profilo umano.
Egli crea il ritratto con il retorico "braccio, mente e cuore", infischiandosene delle correnti culturali, talvolta subdole, ipocrite e pseudo-artistiche. Le opere di Borvin vanno sempre a buon fine perché la tecnica è meticolosa; egli soggiace nell'esasperazione del particolare, sguazza nella cromia più variegata, come, da piccolo, annaspava prossimo allo "scogliere luongo", in quella fase evolutiva che lo "conciava" alla sua personalità riservata, un po' schiva, idonea, poi, alle meditazioni creative d'adulta spontaneità, avulse da correnti convenzionali epocali, o scuole consolidate, fino ad ignorare quasi l'avanguardia, non priva, questa,  sofismi e capziosità.
Egli è l'uomo-pittore e non il pittore uomo. Passa quasi inosservato per la sua modestia, la sua umiltà che sono i veri  tesori dell'arte pura, quella che non verrà mai contaminata dalla commercializzazione speculativa. Onesto, sensibile, l'italiano medio, mite, che offre spontaneo e generoso il suo apporto operativo alla società, scevro dalla mira speculativa, lontano, ribadisco, dalla commercializzazione dei sentimenti.
Borvin non è privo comunque di tenacia e costanza sostenuto dalla "passione", la sua droga, che la assume a piccole dosi a colazione a pranzo e a cena, nel suo nutrimento spirituale. E' oramai annoverato, come dice Salvatore Flavio Raiola, tra i più attenti pittori della realtà torrese.
Cacio sui maccheroni con un brano dello stesso Raiola: "Se ne va, Vincenzo Borrelli, per le spiagge assolate, per vicoli e le campagne a ritrarre dal vero quello che la natura gli suggerisce. Dipinge tutto: mare, cielo, case, barche, uomini e cose. I suoi estimatori non trovano difficoltà a penetrare nel suo animo. Borrelli si commuove davanti ad una natura morta. La sviscera, l'analizza e la dipinge con l'occhio di un bimbo felice".
Togliere la pittura a Vincenzo Borrelli significa privarlo di ossigeno. Non dimentichiamo che i problemi dei mortali si dipanano da un solo ceppo: quello esistenziale. Il fulcro di questa sfera è "l'insoluto". Tutto l'operato dell'uomo distrae, mitiga, disperde ogni sfaccettatura della problematica primaria. Spesso il lavoro, e ancora più l'arte, parallelamente la religione, sono sublimate fino a narcotizzare il terrore del proprio destino di finibilità, preceduta questa, molto spesso, da graduali marcati deterioramenti.
La consapevolezza inconscia, sin da pargoli, di quest'irreversibilità del destino umano ci spinge a ricusare l'insoluto esistenziale con reazioni difensive delle più eterogenee e contrapposte che vanno dall'annichilimento mistico alla criminalità.
Il maggiore esorcizzante del mistero della vita è l'amore, inteso nel concetto più ampio della parola, dal diafano spirituale fino al fisico carnale. L'amore s'annida nel proprio nucleo familiare, nella lavoro-terapia, nell'amicizia. Ancora, per fortuna.
Mai è stato creato, però, maggiore veicolo di drenaggio superiore a quello dell'arte. Il più diffuso sentimento di sublimazione esistente, epidemico, profuso in tutte le fasce sociali, a prescindere dal livello culturale, che spazia dall'hobbistica alla più consolidata "convenzionale professionalità".
BORVIN è detentore di questa panacea quasi senza accorgersene, come tutte le persone che vivono immersi nell'arte fino al collo senza adoperare i remi dei dottrinarismi. Dolce, estasiato nella sua solitudine d'artista saziato già dall'idea di stima e approvazione dell'amore che gli ritornerà a boomerang dagli estimatori delle sue tele. Egli avanza senza spintoni e gomitate, senza ambizioni di carriera, cogliendo, in fondo la vera catarsi etico-spirituale che non viene certo dalle ipocrisie e dall'arte inquinata, quella, talvolta, presente nelle lussuose vernici d'alto bordo. 
Eccola la parola terribile: "Passione". Questo lemma ha infinite accezioni, ma tutte legate. Quella più comune è "dedizione irrefrenabile per qualcosa". Infatti, il termine è adatto al profondo sentimento per una donna. Ma se risaliamo al significato primario passione vuol dire: sofferenza del corpo, dolore e tormento fisico. (Passione di Gesù). Un'altra accezione è: "Intima e profonda sofferenza dello spirito". (Pathos creativo). Ancora: "Sensazione prioritaria che influisce pensieri, azioni e sentimenti dell'uomo". Infine: "Dedizione assoluta ad applicazioni umane di carattere artistico-creativo".
Vincenzo Borrelli ha personificato la passione per l'arte,  la sua arte, e non ne conosce altre, perché la Torre e le cose torresi che lui dipinge sono egli stesso. Borvin è il suo animo segreto, concretizzato in tela, e si evince al primo impatto visivo lo straordinario, sconfinato messaggio d'amore che trasuda dalle sue composizioni. 
                                             Luigi Mari


  BORVIN


Motivi locali


Il tema religioso ricorrente nelle sue tele


Marina


Don Onofrio Langella

 
Totonne d''e figurelle


Natura morta