La Festa dei Quattro Altari
Riscatto baronale

 di RAFFAELE RAIMONDO

Nel 1899 (...) fu celebrato, con grande solennità, il secondo centenario. Per l'evento, il Comune diramò alla cittadinanza il seguente proclama:

«Nel 1699 i torresi, per virtù propria e con ogni sorta di sacrifici si riscattarono dalla Signoria Baronale. Perché resti degna memoria nelle generazioni a venire del nobile esempio d'amor di Patria non mai disgiunto fin da quell'epoca dal sentimento religioso per la ricorrenza dell'ottava del Corpus Domini la città di Torre del Greco festeggia più solennemente il secondo centenario della memorabile data».
Nei tre giorni della festa molteplici sono le iniziative culturali, artistiche, con mostre, allestite nei più qualificati circoli cittadini, di pittura, scultura e incisione su conchiglie e coralli oltre che da spettacoli e concerti musicali classici e moderni
Nella zona del porto, ai piedi del Vesuvio che domina, nel bene e nel male, l'incantevole Golfo di Napoli, i tradizionali "fuochi a mare", in uno sfavillio di bagliori pirotecnici, chiudono un'altra pagina della storia di Torre del Greco.

Tradizionale festa religiosa di devozione ed amore per l'Eucaristia, abbinata nel tempo al ricordo di una fase fulgente della storia del popolo torrese, il «riscatto baronale»
La festa dei Quattro Altari si celebra, ormai, ogni anno a Torre del Greco, la domenica successiva alla solennità della SS. Trinità, in ricorrenza del Corpus Domini; questa festività fu istituita da Papa Urbano IV, l'undici agosto 1264, con la promulgazione della bolla«Transiturus», interpretando il miracolo di Bolsena.
Raffaele Raimondo, nella sua opera «Uomini e fatti dell'antica Torre del Greco», in polemica con storici locali circa l'inizio del rito dei Quattro Altari e la costruzione degli altari, afferma: (...) D'altari s'incomincerà a parlare soltanto nel 1592 (...) perché nel 1522, né a Napoli, né a Torre del Greco si costruivano altari, tranne il catafalco del Pendino e quello non era altare, era il Seggio del Popolo o Seggio pittato che sostituiva quello vero, ripetiamo, fatto abbattere da Alfonso I d'Aragona. Quindi, nel 1522, (...) la festa dei «Quattro Altari» non era ancora nata. Nascerà nel 1592, con l'istituzione della pratica delle «Quarant'ore»sotto il pontificato di Clemente VIII (Ippolito Aldobrandini), e più precisamente nel primo anno del suo pontificato.
Da detta pratica d'adorazione ininterrotta al Santissimo Sacramento, esposto in alcune delle principali chiese, risale, «Il rito della benedizione Dai quattro altari».
(...) Dobbiamo pure dire che solo nel 1663, giovedì 24 maggio, per la processione del Corpus Domini, oltre al catafalco o «seggio pittato» alla strada del Pendino venne eretto per la prima volta un «teatro», cioè un altare. L'allestimento venne affidato ai Gesuiti.
(...) Il Cinquecento, a seguito delle grandi scoperte di nuove terre, era stato anche il secolo delle grandi evangelizzazioni. Si era ad un secolo esatto dalla scoperta di Colombo. (...) Dall'Oriente all'Occidente, dal XVI secolo, in tutto l'arco delle ventiquattro ore, senza interruzione, in tutte le longitudini si celebra la S. Messa.

A Napoli la festa si svolgeva al Largo Castello, attuale Piazza Municipio. Alla processione, che usciva dalla Chiesa di San Giacomo degli Spagnoli, partecipava anche il Viceré in persona. 
Anche allora erano (...) «
Quattro Altari», dai quali s'impartisce la benedizione al popolo e alla città, rappresentano le quattro parti del mondo: l'Europa, l'Asia, l'Africa e l'America, mentre il significato della celebrazione è l'UBIQUITA' o l'UNIVERSALITA' dell'Eucaristia.
(...) Insomma, come abbiamo detto, con le quarant'ore si celebrava il rito dei «Quattro Altari»; però questi erano degli altari veri e propri, non come quelli che si vedono a Torre del Greco.
 
L'estro artistico e la creatività del popolo torrese, la cui anima continua a vibrare al culto dei valori della Fede e dell'Arte, ha trasformato, via via, gli originali veri e propri altari in gigantesche rappresentazioni scenografiche a tema sacro, ravvivate da appositi giardini, composti da piante rare, fontane e laghetti in miniatura, mettendo in risalto l'operosità e l'anelito di un popolo che aspira a conservare lo spirito di una tradizione antica con i valori della sua cultura religiosa.
(...) Al Significato religioso si aggiunse poi anche quello politico. Infatti, gli spagnoli vantavano, non senza orgoglio, la grandezza del loro impero....e non perdevano mai l'occasione di manifestarlo attraverso cavalcate, carri allegorici e festa da ballo.
(...) Finita l'epoca del viceregno (1734), anche sotto i Borboni, sia la festa del «Corpus Domini» che quella dei «Quattro Altari» con le relative processioni, non subirono mutamenti, né nei percorsi, né nei dettagli. Perfino negli ultimi giorni dell'agonizzante Repubblica Partenopea, le due e ben distinte processioni ebbero il loro tradizionale svolgimento.
(...) Dopo la caduta dei Borboni e con l'annessione del Regno di Napoli all'Italia savoiarda, i torresi incominciarono a delirare anch'essi sulla libertà e sull'indipendenza acquisite mediante Garibaldi e Vittorio Emanuele II. E fu allora che tirarono in ballo il Riscatto Baronale risalente all'anno 1699, quando con il diritto di prelazione e col denaro preso in prestito, contemporaneamente ai porticesi e ai resinesi, avevano comprato dal regio demanio il feudo di Torre del Greco, Portici e Resina".
(...) E questo anche per dare un taglio netto tra la festa dei Quattro Altari e il riscatto baronale che non ha nulla a che vedere con la detta festa esclusivamente religiosa.

Un'altra nota di creatività artistica della festa, si esprime attraverso i tappeti, tutti d'argomento sacro, spesso riproduzione di pitture di maestri italiani celebri, di stile barocco, incorniciati di fiori e rosmarino profumato. Non mancano bozzetti realizzati dagli stessi artisti torresi mettendo in evidenza bravura e maturità anche nel campo dell'Arte moderna.
All'origine dell'Ottocento erano preparati in petali di fiori, mentre ora sono di segatura mista a colori in polvere. Esposti all'ammirazione del pubblico per tre giorni in alcune chiese cittadine, al passaggio della processione, con il pallio ed il Santissimo, sono cancellati in pochi istanti.
Durante le giornate festive, una policromia di luci su riquadri decorativi, pannelli dai soggetti vari, le luminarie, adornano le principali strade della città del corallo, del cammeo, dei fiori e della cantieristica, in una mirabile sinfonia di linee e colori.
Fu Raffaele Raimondo a promuovere, e a diffondere, nel secondo dopo guerra, i primi esperimenti di luci cinematiche sincronizzate con la musica su colossali pannelli luminosi di magico effetto, servendosi della collaborazione tecnica della ditta Nicola Del Gatto & Figli, seguendo le orme d'Antonio Mennella, che nel 1937 aveva effettuato i primi tentativi, e del professore Enrico Taverna; il grande maestro che, intorno al 1910, con l'avvento del nuovo sistema d'illuminazione a gas acetilene, con la collaborazione tecnica anche della ditta Gioacchino Vitiello, aveva promosso la sostituzione delle luminarie a cera ed olio, in uso ai tempi di Della Torre, con quelle appunto a gas acetilene e, successivamente, nel 1925, a luce elettrica; un salto di qualità che, otto anni più tardi, nel 1933, ottene ulteriore impulso, oltre che da altri, dalla preziosa collaborazione di Raffaele Raimondo. Questo, nel suo libro citato, ricorda che